Ormai non penso più in termini egalitari di disoccupazione, e mi dovrete perdonare per questo. Ormai, vedo le sfumature anche nella disoccupazione, così come in tutto il resto: il mondo si è trasformato in una scala di grigi, e non c’è più la netta separazione, bianco-nero, del “sei disoccupato vs. sei occupato”.
No, la disoccupazione è una questione che varia, da caso a caso, e “c’è disoccupazione e disoccupazione”, non trovate?
Così come per l’occupazione, del resto. Non si è mai solo occupati, ma ci si aggiunge sempre un aggettivo davanti: sottoccupato, bene occupato, molto bene occupato, brillantemente occupato.. no, questi me li sto inventando, ma abbiamo tutti in mente i tipi di “occupati” che rientrano in ciascuna categoria: megamanager, impiegatucci delle risorse umane, quelli dell’amministrazione, operai, segretarie… e vi a dicendo.
Solo chi è nella disoccupazione da un po’, però, superato il primo shock di vedersi non più “bianco” ma “nero”, comincia a distinguere le sfumature.
Comincia a fare il confronto.
Si dice che, dopo che Eva convinse Adamo a mangiare la mela, e prima che succedesse il gran casino (la cacciata dal Paradiso) Adamo avesse cominciato a vedere.. le sfumature. Un eufemismo per dire che Adamo aveva cominciato a notare “le differenze”. E a provare invidia, risentimento, orgoglio, nostalgia, rabbia, pena, furore… quelle cose lì. I vizi capitali, i peggiori sentimenti, la roba da Vaso di Pandora.
Ecco, chi è nella disoccupazione da un po’ comincia a fare la stessa cosa.
Chi è fuori dai sussidi guarda con invidia e un po’ di nostalgia chi ci è appena entrato, e ha davanti i suoi bei mesetti - di stenti si, ma anche di assegno più o meno regolare che, comunque, costituisce un reddito. Una “manna” che piove dal cielo… insomma quasi. Chi è nei sussidi guarda allibito chi non c’è, e comincia a farsi venire il dubbio, il tormentoso dubbio: cosa farò, quando ci arriverò anche io?
Chi riesce a trovarsi un lavoretto saltuario non si sente occupato – credo che non ci si sentirà mai più occupato (perché occupato vuol dire “sicuro” e sicuri noi non ci sentiremo mai più) – , ma nemmeno si sente disoccupato a tempo pieno: ringrazia il cielo per quelle piccole attività – mal pagate (quando sono pagate) – che gli tengono la mente occupata, e invidia chi ha un lavoro “sicuro”, retribuito su base mensile con tutte le agevolazioni/ritenute del caso. Che sono comunque “garanzie” di un futuro (la pensione.. se non varano una legge per cui ce la tolgono, prima che ci possiamo arrivare).
Si sente anche un po’ in colpa, magari. Vuoi perché non gli sembra vero di poter portare a casa pochi spicci per mantenersi mentre “là fuori”c’è tanta gente che non ce la fa e deve appoggiarsi a qualcun altro (istituzioni, genitori in pensione – o che magari ancora lavorano – istituti di carità, la Vergine Incoronata…)
Chi riesce a farla in barba al Fisco, e mettersi via il suo gruzzoletto, si sente un Dio. Ma va a piangere miseria con gli altri (perché la tecnica del mimetismo è sempre la migliore, nei casi di “sfumature”.. guai ad avere addosso una sfumatura di grigio troppo brillante! Poi gli altri te la invidiano, si chiedono come fai… e la torta te la vuoi mangiare tutta tu, mica spartire con quei pezzenti! Che se poi fanno la spia e arrivano i controlli la festa è bella che finita…)
Chi non ha di suo più nemmeno gli occhi per piangere, non dice nulla. Non vede più nulla. Non vuole vedere. Vuole solo… morire. Si adatta a fare qualsiasi cosa, soprattutto se ha qualcuno da mantenere per cui tirare avanti, ma sotto sotto, la sera quando si corica, ha un solo desiderio, ed è che tutto, ma proprio tutto, finisca.
Questa sfumatura è la peggiore. Di un grigio così intenso da sembrare nero, che soffoca tutto e tutto inghiotte per non risputarlo mai più.
Chi è nel loop degli stage non retribuiti, della formazione, dello sfruttamento, dell’invio di cv senza mai ottenere risposta, del lavoro gratuito dietro false promesse di assunzione, del “mi faccio un mazzo tanto prima o poi qualcuno lo noterà”.. beh, quello odia tutto e tutti. O ci prova. Ci prova a non sperare.. ma è la speranza quella che ci frega sempre.
La maledetta speranza, quella che è rimasta sul fondo del vaso e che alla fine ha salvato tutto, quella che ci fa alzare la mattina anche quando non vorremmo e sappiamo già come va a finire ma… da qualche parte, in qualche angoletto piccino picciò di noi stessi, c’è lei. La speranza. Che ci sussurra che prima o poi vedremo l’alba in cui tutto si sistemerà, in cui riceveremo una telefonata o un amico ci presenterà senza fallo e senza inganno per un posticino liberatosi all’ultimo secondo… o vinceremo alla lotteria, o il Governo esploderà liberandoci finalmente… cose così.
La speranza ha molta fantasia quando inventa di queste cose, da sussurrarci, e noi, qualunque sia la nostra sfumatura di disoccupazione, ci crediamo, sempre. Di poter passare a un’altra sfumatura, una che ci sta un po’ meglio di questo grigio smorto che ci portiamo dietro da così tanto tempo.