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51. Achille

Creato il 27 marzo 2011 da Fabry2010
51. Achille

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Per Brice, il Sant’Eugenio ha un valore affettivo inestimabile: le vicende personali glielo hanno rivelato nei minimi dettagli, a cominciare dall’ingresso coi due casotti per portieri e vigilanti; sulla destra, l’edicola con la parte superiore scura, interrotta solo dal giallo dello sponsor: Corriere dello sport, ripetuto per sei volte come se al mondo non ci fosse da leggere che questo. Non si contano i giorni in cui è entrato con l’auto per dirigersi al parcheggio del Pronto soccorso, per poi accedere al reparto di Rianimazione: tutti abbiamo avuto un amico in pericolo di vita ed è allora che l’assurdo, le contraddizioni inaccettabili, la rivolta del cuore si concentrano nello sponsor replicato per sei volte, il Corriere dello sport, esposto per dire, se ce ne fosse bisogno, che l’universo è indifferente al tuo dolore. Quando arrivi così, assumi una posizione di difesa: le persone che incontri sono sagome scure senza volto, come quei due vestiti in nero che sembrano grossi monsignori o donnoni provenienti dalla campagna distesa fra i Monti Prenestini e i Colli Albani. L’altra figura, che ora esce dall’atrio, è un uomo con le mani giunte per implorare un esito improbabile, o un alcolista che impugna la bottiglia, o un padre che stringe un biberon. Gli estremi si toccano, si sa, per cui anche Simone Vangelis, che qui non ha mai messo piede, intravede i dettagli come in una nebbia; a lui interessa solo raggiungere il reparto dove si trova Brice, per regolare i conti con lo scrittore fortunato che pare non conoscere contrasti, neanche quello di un colpo di pistola sparato nella schiena. Ma Simone, oggi, è deciso a non sbagliare, punterà dritto al cuore – se a quell’uomo baciato dal destino resta un cuore, perché uno che prova solo il bello della vita non corre il rischio di anestetizzarsi, non diventa insensibile alle disgrazie altrui, non finisce col considerare solo il proprio sfacciato tornaconto? Vangelis sfiora le mura arrotondate, le foglie degli alberi gli accarezzano la testa piena di pensieri, la rabbia, il desiderio di vendetta, la domanda che attraversa da sempre la sua vita: perché loro e non io? Stringe la pistola nella tasca e supera porte, corridoi, barelle che trasportano persone anziane quasi addormentate, ma a lui non importa nulla di nulla, gli interessa solo il petto di Brice che ora gli appare all’improvviso, vicino all’ingresso del reparto, ecco, è fatta, estrae l’arma dalla tasca, la punta dritta al cuore, non si aspetta il movimento rapido dell’altro, il braccio che si alza a puntare la Beretta grigia già pronta con il colpo in canna – qualcuno lo ha avvertito? Cavedagna ha anticipato Cesare? -, e sputa un proiettile che sfonda il torace di Vangelis uscendo dalla parte opposta, sgretola il vetro dell’atrio, avvolge tutto in una nuvola di schegge che sembrano pioggia, o forse neve, un nugolo di frammenti luccicanti in cui si perde il confine tra il dolore proprio e quello altrui, in cui ogni cosa sprofonda nell’abisso che inghiotte codici e morali, il vortice che travolge Achille e lo trasforma da modello integerrimo in comune criminale, da eroe puro in assassino.



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