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51. E se fossimo

Creato il 04 maggio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su maggio 4, 2012

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E se fossimo cellule di organismi molto più grandi e intelligenti, se la nostra libertà si limitasse alla riproduzione e alla morte, e tutti i sogni, i progetti, le ambizioni, fossero solo l’illusione di vivere in proprio, di sentirsi liberi, mentre siamo incastonati nello scettro di un re che ignora l’esistenza dei minuscoli frammenti di se stesso? Saranno le sostanze che hai assunto in dosi sempre più elevate a produrre pensieri così assurdi? O le coincidenze di incontri con donne che si sono rivelati sempre passi falsi, perché dietro l’angolo c’è la calunnia inaspettata, l’irruzione improvvisa nella stanza d’albergo, il tradimento che non avresti mai voluto ma che ti sta spingendo, forse, in un’altra direzione, e ti chiedi se sia la cosa giusta, un disegno, qualcuno che ha pensato a una scintilla d’amore dai secoli dei secoli, o invece è il moto impercettibile da un tessuto all’altro del corpo gigantesco in cui siamo inseriti credendoci liberi, mentre al massimo ci riproduciamo e moriamo senza cambiare una virgola nella storia che conta veramente. La stanza del Seven Hotel in Rue de Berthollet è un porto cui siete approdati sfuggendo alla tempesta o è l’ennesimo scompenso, un tumore che finirà per aggredirti senza poter trovare mai la cura giusta? Ti gira la testa, non reggi più la tensione che si accumula, hai bisogno di sentire la pelle nuda di Marika, qualcosa di liscio che rimuova le asperità di questa vita, la scorza ruvida dei fallimenti. Vuoi sentirti leggero, sospeso sopra il nulla come il letto bianco che galleggia nell’aria come fosse un’astronave: magari è il mezzo col quale evadere dal corpaccione che ti tiene imprigionato, dal re che ignora l’esistenza dei suoi sudditi, dalla storia che va avanti senza te e se non ci fosse Amerigo a battere sui tasti neri e bianchi, a far combaciare i pezzi dispersi del romanzo, nemmeno esisteresti. Anche a lui potrebbe venire un dubbio radicale: che solo perché soffri e credi, e ami e ti disperi, il suo scritto può procedere, fingere una libertà che nessuno potrà mai dimostrare se sia fondata per davvero, se sia una scelta infilare le parole nelle righe nere della pagina, o sia anche lui l’infinitesimo ingranaggio di un meccanismo superiore, la girandola d’intrecci che dopo mille giri tornano ancora lì, alla calunnia che pugnala alla schiena, al tradimento non voluto, al terrore di essere scoperti, all’amore che si offre un’altra volta e non sai mai se sia venuto per darti il colpo di grazia o per salvarti.


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