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53. Fiori

Da Fabry2010
53. Fiori

da qui

Cloe ripensa a quando, sdraiata sul divano con l’ultimo romanzo, affondava nel mondo incantato delle righe nere, assaporava il contrasto tra la monotonia delle pagine uguali e i fuochi d’artificio dell’intreccio, le svolte improvvise, i cambi di ritmo, gli agguati alle attese del lettore. Ricorda il momento in cui non le è bastato più, perché la letteratura non era all’altezza della vita, non c’era paragone fra l’odore dell’inchiostro e quello del lilio, i fiori esili dai petali ricurvi di un bianco abbagliante, attraversato da un rosso porpora intenso dal profumo che stordisce, o i garofani dianthus, dalle foglie strette e le tonalità carminio, malva e salmone, il Joan’s blood, rosa scuro col centro più cupo, come la pelle di Brice striata dal proiettile sparato a tradimento, il sangue che scende sulla schiena, raggiunge le natiche e le gambe, robuste come il tronco di magnolia, conico e compatto, resistente ai rigori dell’inverno e all’odio del nemico, ansioso di accogliere la pioggia, le lacrime di Cloe che lo bacia per bloccare l’emorragia di senso, per impedire che il racconto s’interrompa e consentire alle righe nere di ricreare la magia che non bastava, perché mancava il profumo del lilio, la robustezza del tronco di magnolia, e ora, invece, le sembra riacquistare forza nelle ferite ancora fresche di Brice, nel corpo di Vangelis sul letto immacolato come un crisantemo, le efflorescenze delle flebo, la corolla-cuscino, i gambi-tubo, e Cloe sente confondersi l’odore del fiore con quello della morte, il colore scuro dell’inchiostro e le tonalità del sangue – lilio, garofano, Joan’s blood? – che sembrano ormai una cosa sola, lo specchio che riflette le tracce di una cura possibile, una salvezza inaspettata, l’abbraccio struggente tra la storia e la parola.



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