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55. Sogno

Creato il 13 novembre 2010 da Fabry2010

55. Sogno

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Don Faber ha ricevuto la lettera di Saulo e non ha potuto fare a meno di sorridere: come si può pensare che la periferia sia esente dalle lotte di potere, dalle meschinità che avvelenano la vita a qualunque coordinata spazio-temporale? E’ reduce da riunioni pastorali in cui i soliti noti hanno fatto i soliti discorsi sui soliti soldi coi soliti criteri: tutto con la solita aria, come se tu stessi lì per maneggiare denaro e non per trasmettere il vangelo. Don Faber è incazzato nero: sta meditando di farsi trasferire, ma sa che dovunque andrà sarà la stessa cosa, anche se chi vive in centro sogna la periferia e viceversa, come se la bellezza e la bontà fossero agli antipodi della propria posizione. Riesce a sorridere, perché i discorsi sulle scuole di scrittura hanno sempre un risvolto ridicolo: certo che una scuola è utile; non ha studiato per diventare prete? Eppure, se dovesse esercitare il ministero come glielo hanno insegnato nelle aule enormi e gelide del seminario, la percentuale di cattolici si sarebbe ulteriormente assottigliata. Sull’arte della narrativa, pensa Faber, si dice tutto e il contrario di tutto: lui ha spulciato i manuali consigliati, non riuscendo mai a finirli, anzi, allontanandosene subito dopo le pagine iniziali. Forse è un problema personale, l’insofferenza alle regole lo porta a cercare nuovi stimoli, a sperimentare metodi diversi; forse è la vita che conduce, le sorprese sempre dietro l’angolo, le interruzioni continue nel lavoro. Di per sé, sarebbe un metodico, un focalizzatore, ma la gente non vuole aspettare, ha sempre qualcosa di urgente e la riga che aveva cominciato a scrivere prende un’altra piega, il pianto diventa una risata, il sussurro un grido disperato. Per questo, se volesse scrivere un romanzo, potrebbe essere composto solo da paragrafi brevi, da mandare giù come il caffè della mattina. E, naturalmente, troverebbero subito da criticare: guarda, ha anche il tempo di scrivere! Dovrebbe rispondere alla lettera, ma sa che qualcuno arriverà non appena avrà messo in fila un paio di idee. Prende un foglio di carta dalla valigia bianca e blu:
Caro Saulo,
credimi, non so che dirti. La scuola serve, ma la fatica maggiore l’ho fatta per dimenticare quello che mi avevano insegnato in seminario. Per carità: tutte cose buone; ma il padre spirituale della parrocchia di periferia diceva che ero tornato imbalsamato e non riusciva a capire come avevano potuto ridurmi così male. Bisogna lasciarsi toccare dalla vita, altrimenti, prima o poi, ti inaridisci. Basta un sogno per cambiarti dentro: ora, per esempio, c’è un’immagine che mi perseguita la notte: un ponte sopra un fiume e due occhi azzurri che brillano nel buio. Quando mi capita, vuol dire che sta per succedere qualcosa, oppure è già accaduto. Il romanzo che m’interessa di più è quello della vita. Ecco, arriva il matto di turno, ti devo salutare.
Un abbraccio dal tuo
Faber



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