Pubblicato da fabrizio centofanti su gennaio 30, 2012
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Non ti senti tranquillo, è naturale. Quanti errori avrai fatto nella vita? Ti riesce difficile affondare lo sguardo nella nebbia degli anni. Quando è scattata la molla del potere? Cos’ha innescato il meccanismo perverso che ti ha ridotto a questo punto? Dovresti fermarti, concentrarti. Tuo padre non ti ha mai stimato, diceva che eri solo un fannullone, un buono a nulla. E’ il motivo per cui cercavi rifugio nella musica, ti chiudevi nella mansarda col tuo amico a scrivere canzoni, per strappare un surrogato di felicità dall’esistenza grigia che ti scavava un vuoto in fondo al cuore. Studiavi, ma sentivi la voce di tuo padre: è inutile, dove credi di andare, lavora, piuttosto, porta qualche soldo a casa. Saltavi la cena e sparivi sulle scale. All’arrivo dell’amico, guardava male anche lui: un altro perdigiorno, ma quando la smetterete di sognare? Prendevi la chitarra, lui il quaderno; vi capivate al volo, come se un filo vi legasse insieme , il bandolo della matassa ingarbugliata di emozioni represse, orgoglio ferito, desideri di rivalsa. Vi conosceste in colonia, un paese sconosciuto del Piemonte – come si chiamava? Peveragno -, giocavate nella stessa squadra del torneo, eravate innamorati delle stesse ragazzine. La voce del padre piombava fin lì: non farti illusioni, un incapace è incapace dappertutto. Fammi vedere cosa scrivi. Sei sempre innamorato! Perché, tu no? Ce la faremo a sfondare? Vai a lavorare, te l’ho detto mille volte. Papà, mi sto per laureare, abbi pazienza. Deficiente. Sì, sono innamorato: è come un fuoco che si accende ogni volta che prendo una penna e scrivo tutto quello che mi viene. Come s’intitola? Prima finiamola: che musica ci metti? Forse lo hai fatto per tuo padre, per dimostrargli che valevi qualcosa; notti insonni, fino al giorno della tesi, nemmeno glielo hai detto, ed eri già dottore! Via della felicità. Non farà troppo De André? Eccola, papà. Pensi che la laurea risolva ogni problema? Trovati un lavoro, scapestrato. A me piace così. Potremmo inciderla, depositarla alla Siae. Rifacciamola da capo. Cosa dovrei fare per guadagnare la tua stima? Sì, questa è più bella delle altre, ce la potrebbero rubare. Suda, pedala, portami un risultato, una volta nella vita. Fu così che cominciasti a correre da un ufficio all’altro, da un politico all’altro, finché diventasti direttore generale. Magari la cantiamo nei locali, per vedere l’effetto sulla gente. Si sarebbe ricreduto? Mi abbraccerebbe, finalmente? E se andassi a cercare l’amico di mansarda? Come si chiamava? Ecco, Arturo: così glielo dico che ora che sono il Presidente.