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Giulio da Padova ha deciso di ripartire dall’orazione funebre in onore di Beppe Geenna, un testo che ha fatto il giro del mondo, è stato tradotto in trenta lingue, è finito sulla prima pagina dei principali quotidiani nazionali, ha commosso e indignato, risvegliato sentimenti civili e incivili, costretto a schierarsi, ma… per cosa? Geenna è morto martire nella più completa ambiguità, i suoi cammelli impermanenti sembrano diventati il simbolo di una fragilità in cui dovrebbe riconoscersi ogni insegnamento, e a cui nessuna scuola dovrebbe rinunciare. Giulio sa che, da quando si è lanciato nell’avventura dell’art of writing, non riesce più a scrivere, di fatto, perché le possibilità sono ridotte due: o si definiscono le regole fino a inaridirsi, o si asseconda l’anima che vuole esprimersi liberamente, insofferente alle gabbie di ogni genere. La stessa sindrome si è impadronita di Ricco Barocco, condannato a ripetere il medesimo cliché, sia che favoleggi dei discepoli di Emmaus sia che parli di un pianista nato, vissuto e morto nell’oceano. E’ il motivo per cui la vita di Giulio è sconvolta da un”orazione funebre in cui ha avvertito il sapore acre dei tentativi di formalizzare la scrittura fuori dall’alveo del suo flusso naturale. Ha pensato perfino di fondare un’agenzia funeraria che, oltre a bara, trasporto e sepoltura, fornisse un discorso memorabile da tenersi al momento del congedo al camposanto, quando il corpo è calato nella fossa o è già stato seppellito, perché gli astanti potessero gustare la soglia impercettibile fra la durata e la scomparsa, il tentativo di prolungare la memoria, di non perdere del tutto ciò che più si è amato. Perché non ci ha pensato prima? L’unica scuola possibile è quella che nel momento in cui si offre, dichiara la sua morte: proponendosi, si ritira in buon ordine, lasciando spazio al processo di decomposizione delle sue stesse regole, al logorio inevitabile di principi che diventano vitali solo se muoiono, che possono durare se si estinguono per sempre. Ecco l’ eredità di Beppe Geenna: uno che aveva capito che resta solo ciò che è impermanente e col suo destino di morte ha testimoniato che rimane in vita solo ciò che è disposto a farsi seppellire. Sì, la scuola di scrittura sarà, d’ora in poi, la bottega di una narrazione che comincia dove la cattedra decide di lasciare il posto al cuore.