da qui
Spostare il capo leggermente, da sinistra a destra e viceversa, gli procura un sollievo temporaneo. Sta leggendo un manoscritto di quelli che arrivano in ufficio – non ne può più di storie senza capo né coda, sgrammaticate e informi – e il mal di testa, come al solito, non gli lascia tregua. Il soggetto pullula di banchieri, cavalieri, dame in crinolina: Cavedagna si chiede come sia possibile scrivere ancora su temi come questi. Il fascicolo finisce nel cestino, colmo fino all’orlo. Tra le pagine affondate nella carta intravede qualcosa di più scuro: un segnalibro? Afferra con due dita un lembo dell’oggetto, verde, dal margine dentato e seghettato: una foglia! La rigira tra le mani: è morbida e ruvida nello stesso tempo, una leggera peluria dà brividi che attraversano il corpo del dottore. Lo sguardo si posa alternativamente su di essa, sul cesto con la carta, sul tavolo ingombro di libri, agende, confezioni di graffette, e poi ancora sulla foglia, le cinque nervature che partono a destra e a sinistra rispetto alla centrale, come la testa che ciondola, pensa, ricorda un prato raso, all’inglese, una quercia trapiantata, una camicia rosa aperta sul petto, sul seno velato a malapena, il verde degli occhi, le labbra semichiuse, la mano che accarezza un fianco, stringe dolcemente, la peluria, la foglia dentata e seghettata, la carta che trabocca come il cuore, le dame in crinolina, i cavalieri con il mal di testa, i banchieri con i conti che non tornano. Cavedagna si avvicina, le labbra sono ferme nell’attesa: ancora un poco, questione di centimetri, la mano risale sulle costole, nervature irradiate a destra e a sinistra e viceversa; ormai ha deciso: le labbra sono a pochi millimetri, si toccano, la camicia rosa gli aderisce al petto, che batte all’impazzata, come le tempie – avrà preso il Tachicaf? – le parole informi, sgrammaticate e incomprensibili, la lingua sulla lingua, come carta su carta: dov’è finito tutto? – la ragazza lo fissa con le foglie verdi degli occhi – ma perché ogni cosa è stata cestinata, la lingua, la peluria che dà i brividi, la testa; Cavedagna si domanda da quanto non pianga per un personaggio di romanzo, se sia giusto commuoversi soltanto per un sogno: si asciuga le lacrime che partono a destra e a sinistra della nervatura della vita, sgrammaticata e informe, foglia dentata e seghettata, viva e finita nel cestino, come tutto.