1. Premessa
2. Il diavolo
3. Kay
4. Gerda
5. La donna esperta di magia
tu nuoti agevolmente nell’acqua della
materia della materia del mio spirito
nello spirito del mio corpo nel corpo
dei miei sogni dei miei sogni in azione. Ghérasim Luca
6. Intermezzo
Come ho sentito dire una volta da una persona molto saggia, le favole devono essere raccontate ai bambini perchè racchiudono tutti i destini possibili che la vita può riservare a una donna e a un uomo, e narrarle ai più giovani può dare loro il senso delle infinite possibilità che da grandi potranno attuare. Ma secondo Andersen, certamente, le fiabe avevano anche il potere di rammentare agli adulti ciò che a qualsiasi età fosse loro sempre e ancora possibile. A questo fine, il nostro poeta e favolista sapeva bene che l’effetto più potente in una favola, lo sortisce non tanto la storia di un destino quanto l’uso di un linguaggio che improvvisamente infranga l’ostinazione tutta adulta di ogni alfabeto interiore che costringe all’immobilità. Del resto la parola è il più potente dei nomi. Una sorta di battesimo della realtà di cui ogni persona conserva facoltà per sempre. Una volta messa in moto la mente, non solo si pronunciano parole, ma cielo e terra si fondano sull’intenzione, in un passaggio acrobatico subitaneo e trascinante scrive James Hillman. Per cui i dialoghi più congrui, può capitare che i personaggi di Andersen, li abbiano con un oggetto, col fiume, con un rosaio o un animale. Lieh Tzu in un’antichissima favola taoista che si intitola Bestia o uomo asserisce che “coloro che si somigliano nello spirito possono differire nella forma, e coloro che si somigliano nella forma possono differire nello spirito” azzerando le differenze testimoniate dai corpi visibili di animali e uomini in favore di identità spirituali magari non evidenti ma fondamentali nel dipanarsi del grande gioco della vita di ognuno. E’ proprio questo aspetto bestiale e del tutto realistico delle profondità umane che Gerda affronta nella quarta e nella quinta storia de La Regina della neve. Scappata dal giardino eternamente estivo della strega Gerda corre a piedi nudi verso l’inverno, e in mezzo alla neve, incontra inaspettatamente un amico, o forse di più, un fratello. Il primo indizio di certe fratellanze a posteriori è che due, appena si parlano si capiscono, pur provenendo da regioni totalmente estranee e separate. Infatti, l’essere che darà conforto a Gerda malgrado un’evidente difficoltà linguistica, e che le dirà di aver visto probabilmente Kay, incoraggiandola a continuare la ricerca, è un corvo. Abbiamo già visto in Gerda la capacità di dialoghi soprannaturali: il fiume che la consiglia sulle scarpe, le rose che fanno il tifo per lei pure da sottoterra e ora il corvo che le racconta di un giovanotto molto somigliante a Kay che ha appena sposato la principessa presso cui la sua fidanzata cornacchia è a servizio. A pensarci bene, la piccola Gerda non si sa di chi sia figlia, né di quale paese la sua stirpe sia originaria. Sappiamo che è innamorata di un giovane poeta che nutre una passione monomaniacale per la neve quando lei ne nutre una un po’ più sana per lui e con ciò insieme toccano il limite della lingua condivisa. Sappiamo che la strega si invaghisce di lei, ma le streghe sono strani esseri e la parte di bestia che serbano nel cuore serve loro solo per ingannare, perciò anche quella parlata con la strega risulta una lingua monomandataria che assicura solo i diritti di uno. Gerda è sola, come il brutto anatroccolo, non ha neppure la consapevolezza di una specificità che la identifichi a se stessa, finché non incontrerà il corvo che sebbene per eccesso di zelo la conduca verso un buco nell’acqua, le dona, come spesso accade nell’incontro con un simile, una consapevolezza fondamentale riguardo la sua vera natura: sì, Gerda non sarà mai una principessa, come dimostrerà l’atteggiamento diversamente felice con cui Andersen ritrae la vera principessa che abita questa porzione di storia, ma non di meno la nostra è portatrice di uno spirito così alato che la renderà capace di percorrere a piedi nudi quello che degli altri è il mondo più segreto: i loro sogni. Continua …
da “La regina della neve nella riscrittura quasi fedele di Viviana Scarinci”