Pubblicato da fabrizio centofanti su febbraio 4, 2012
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Sono nell’ufficio-riunioni, una stanza importante, mobili in legno massiccio, libreria che prende tre pareti, lampadario che pende dritto sul tavolo tondo ricoperto di marmo di Carrara.
- Vi trattate bene.
Perché ha gli occhi così dolci, come fa, in un mondo di ladri e di arrivisti? Domandarselo è inutile. Meglio cercare di capire dove vuole arrivare.
- E’ pur sempre la casa editrice più importante.
T’incanta il sorriso accennato, lo sguardo fermo e comprensivo nello stesso tempo. Sarà vero che legge nei pensieri o è solo un bluff? Vorresti metterlo alla prova, mostrare un sentimento falso per vedere se indovina.
- Parlami dell’amico.
Lo vedi? Ti coglie sempre alla sprovvista. Possibile che non gli si possa nascondere i progetti, le intenzioni?
- Quale amico?
- Avete passato bei momenti. Mi sarebbe piaciuto incontrare una persona con cui suonare in mansarda, soprattutto con un padre padrone che non è mai stato capace di capire.
Ti chiedi come faccia. Una tecnica? Si tratta d’imparare il trucco. Ti metti lì e segui i moti impercettibili degli occhi, della fronte, un gesto inconsulto con la mano, un battito di ciglia accelerato.
- Eravamo inseparabili, non so come abbiamo potuto perderci di vista. Io innamorato del management, lui della letteratura.
- Ci sono antenne che trasmettono segnali anche a grande distanza. Te ne accorgi quando voli basso, sopra la città.
Non ha senso chiedergli se pensi all’aereo o ad altri modi improbabili di locomozione. Sei curioso, però.
- Lei può volare?
Domanda scema: se anche potesse, non lo direbbe a te. Ha qualcosa d’inquietante, nello sguardo, una specie di telecamera nascosta.
- Ci sono molti modi di volare. Quand’è che lo farai di nuovo?
Hai la testa pesante. Ultimamente, la vita si è fatta complicata. Perché non parti? Ti dài per morto, e nessuno ti cercherebbe più: il fu Mattia. Ma il fu Fausto viene male.
- Non c’è speranza per uno come me, ho sbagliato troppe volte.
- Pensi ancora a Ester?
Ti prende in giro? Sa bene cosa ti passa per la testa. O certi sentimenti non li può afferrare?
- Il futuro bussa alla porta, ma a volte trova troppo chiasso. Ci affanniamo per cose in cui non crediamo neanche noi.
Ha indovinato ancora. Devo trovare Arturo, con lui potrei ricominciare.
- E Dalia?
- Perché me lo chiedi?
Che ti prende? Hai paura. Cosa c’è di tanto preoccupante?
- Il futuro, in certi casi, non è che il passato che ci chiama, disposto a ripartire.
E’ capace di fregarti, questo tipo. Ti scava dentro, come un minatore. Ma la mia pietra è dura, non riesco nemmeno a sentire la pioggia che ci cade.