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61. Odiarla o amarla

Creato il 26 novembre 2010 da Fabry2010

61. Odiarla o amarla

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E’ sera. Maria contempla la Torre Eiffel percorsa da luci intermittenti bianche e gialle che l’attraversano come scariche elettriche. Capisce che deve decidersi, anche se gli stimoli sono complessi e discordanti. E come potrebbe essere altrimenti? E’ una scrittrice, ha il compito di accogliere nell’anima la profondità del mondo, le sfumature infinite, il ragazzo romano della comitiva che sente ripetere, a pochi passi di distanza, mi mancherai Parigi, cazzo, mi mancherai, o gli spagnoli che intrecciano dialoghi impegnati sulle forme architettoniche, il bambino che punta il dito verso l’alto pronunciando frasi incomprensibili, la guida francese che propone una lezione al tempo stesso sensuale e intellettuale, mentre una madre italiana continua a sussurrare, chissà perché, non muovere le mani, non muovere le mani e un battello bianco passa lentamente, come in una giostra d’altri tempi. Le ragazze urlano, lasciandosi eccitare dalle luci che scorrono sui seni e sulle gambe provocando un orgasmo di risate e gridolini irrefrenabili, tra i clacson delle auto e il rumore del fiume e della notte che riproduce il sottofondo inconscio di Maria, la memoria di una notte sotto il ponte, stregata dagli occhi azzurri del barbone Andreas, dal calore insostenibile, ora riesploso nelle fiamme e i fuochi artificiali che avvolgono la torre e ne fanno una torcia incandescente di musica e bagliori; no, ora cambia tutto: la mole è attraversata da una luce blu da cui partono razzi e sfere abbaglianti col sottofondo di Ragazza d’Ipanema e poi, ancora, una marcia incalzante tra urla di gente impazzita che pensa, come il ragazzo romano, mi mancherai Parigi, cazzo, mi mancherai, mentre le braccia alzate brandiscono i telefonini pronti a cogliere l’attimo trionfale del fuoco e della musica, come se la vita si accendesse solo nel Parc du champ de Mars e la verità fosse una fiamma che balla sulla ringhiera della torre dei sogni impossibili, del desiderio crepitante come i petardi che scoppiano uno dietro l’altro senza mai stancarsi, travolgendo i ricordi in un caleidoscopio che anticipa l’unione tra carne e spirito, pensiero e sentimento, ora che è Maria la ragazza d’Ipanema e ha capito l’ultima cosa che restava da capire: la scrittura puoi odiarla o amarla; lei la ama perdutamente, non potrebbe farne a meno, e solo nella successione infinita delle parole e delle frasi, dei capitoli e dei libri, può sentire fino in fondo l’ebbrezza e il dolore, l’orgasmo di una notte che è fuoco e musica e urla di piacere di una folla che sente finalmente sua.



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