da qui
Le canne riparano dal sole, ma non dal caldo; l’azzurro è una minaccia, soprattutto nei punti in cui lo spazio aperto si allarga per qualche cedimento, o perché meglio di così non si può fare. Le sedie in bambù – provenienti dalla Cina? – sono l’ideale per la traspirazione e il succo di tamarindo recita la parte che gli spetta.
- Potresti spiegarci l’accaduto?
- Già, com’è che hai sparato dalla parte opposta?
Le bottiglie di Maccabee si svuotano in men che non si dica; il quadro appeso alla parete sembra il bavaglio sporco di un bambino.
- Ho sentito il proiettile fischiare a un niente dall’orecchio.
- Ha voluto mancarti o la mano le ha tremato?
Di che colore è il pavimento? Si direbbe bianco, ma l’ombra delle canne lo trasforma in grigio.
- Lo sentivo che l’arabo mi prendeva in giro, ho voluto dargli una lezione.
- E ti sei lasciata sfuggire il boccone grosso per il cicisbeo?
Il lampadario tondo che pende dal soffitto è una corona di re tempestata di lampade a basso consumo.
- Non potrò mai saperlo; ha una mira infallibile, però.
- Non dirmi che ti ha risparmiato, dopo quello che ha capito.
I paletti di ferro che sostengono il soffitto sembrano anch’essi canne verniciate.
- Per un momento ero convinta di ammazzarlo.
- E perché hai cambiato idea?
La ragazza alla cassa ha uno sguardo verde, perso nei pensieri.
- Le donne sono imprevedibili.
- O forse sono solo innamorate.
In un angolo, per terra, giacciono sacchi di sabbia accatastati.
- Non lo so nemmeno io: è come se qualcuno mi avesse spostato la pistola.
- Spostata sei tu.
Per un lungo istante, gli occhi azzurri di Ismail incontrano il verde della giovane cassiera.
- Smettila, scemo.
- Hai ragione, le donne mi rovinano.