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63. Che ti salva

Creato il 17 novembre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su novembre 17, 2011

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La vera battaglia fu quella sui poteri della Curia.
La cava di pietra è bruciata dal sole, gli operai sono catene umane impolverate e mezzo intossicate dai residui dei crolli.
I vescovi, stavolta, erano determinati a far sentire le ragioni di fuori, quelle dei dimenticati e degli esclusi.
Qualcuno, ogni tanto, si ferma, per trangugiare acqua, ma riprende alla svelta, per timore di essere punito.
C’è un gioco che consiste nell’arroccarsi nei centri del comando, da una parte, e nel predisporre le condizioni per il nuovo, dalla parte opposta: ognuno prepara le mosse più opportune, schiera e muove le pedine seguendo linee a volte prevedibili, altre complesse e contorte che si intrecciano in grovigli inestricabili.
Alcuni erano decisamente bellicosi: pensavano a un rovesciamento, una rivoluzione?
E’ il materiale, la sostanza cui si dà una forma. Ma esiste la materia? O è tutto un rincorrersi di atomi più o meno veloci che fanno apparire la realtà più o meno densa, più o meno consistente?
Ci sono le ragioni della scienza o, se vogliamo, le ragioni della ragione stessa: pensare non è credere che il mondo possa progredire?
La parola cattolico vuol dire universale: ritenevano che fosse giunta l’ora di passare dalle parole ai fatti, di rendere attuale una teoria che rischiava di diventare falsa.
L’immaginario ha bisogno della cosiddetta materia e la materia non può fare a meno dell’immaginario: l’uno senza l’altra rischiano di ridurre il mondo a una distesa muta e informe o a un caleidoscopio di fantasmi impazziti.
L’assolutismo può essere politico o ecclesiastico; ma esiste una verità sociale senza scambio di idee, senza un dialogo che renda conto di valori come l’uguaglianza, la fraternità, la libertà?
E che senso poteva avere dire Chiesa escludendo dal concetto i fratelli, uguali e liberi, dell’altra parte del pianeta?
Quanta strada bisogna fare prima che materia e fantasia si tocchino e facciano scoccare la scintilla? Il romanzo non è forse una cava fatta di carte e penne, schermi e tastiere, che ha bisogno d’incontrarsi con il lampo dell’immaginazione, lo scarto improvviso del canto?
Qual è il confine fra il rispetto dell’altro e l’affermazione di un valore che non può essere ulteriormente soffocato?
Se i vescovi facevano parte, a pieno diritto, del corpo episcopale, era difficile negare che ciascuno di loro avesse una voce di cui il coro non poteva fare a meno.
E ogni favola vera, non nasce dalla realtà umida e porosa dei campi, dalla durezza dei sassi, dalla leggerezza delle foglie e dei fiori, prima di diventare pensiero impalpabile, trama fitta di parole, guizzo rapido dell’emozione?
I palazzi del potere sono destinati alla rovina se non aprono le porte all’eco della voce straniera, all’accento originale del diverso, alla sorpresa del nuovo che ti salva.


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