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63. La parola

Creato il 17 maggio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su maggio 17, 2012

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Potresti descriverla a memoria, Parigi, da quando l’avete percorsa in lungo e in largo, cercando legami imprevedibili tra scorci, dettagli, prospettive e gli angoli nascosti del tuo mondo, di una storia che più la guardi più ti sembra indecifrabile, e non puoi meravigliarti che la lettura s’interrompa, perché questo è diventata la tua vita: arrivare a una soglia e lasciare o essere lasciato, perché la gente si accorge quando chi ha davanti è inconcludente, quando viene attanagliato da una paura senza nome – senza nome! La bambina corre, tu la segui disperatamente, perché è lei a nascondere il segreto, a custodire il motivo di un disegno che non arriva a compiersi, di una frase che rimane tronca, come il romanzo di Amerigo; come farà a continuare senza te? Sei stato scorretto a piantarlo da un momento all’altro senza dare spiegazioni, confidando nel fatto che capisca. Se non capisce uno scrittore, hai pensato, chi può farlo? Corri, ma lei è più veloce, e soprattutto non risponde, è la bambina senza nome, come la paura. Paura di cosa? Cerchi nella mappa di Parigi il posto giusto, quello che ti può ispirare, che fa saltare fuori, all’improvviso, l’immagine, il volto, la situazione che ogni volta ti ha bloccato, che costringe a vagare nelle vie di una città che più la conosci più è straniera, più si rifiuta di rispondere. Sotto la pensilina c’è un divano: assurdo, eppure la ragazza ci si siede come fosse a casa sua; cos’è successo a casa, cosa cerchi di rimuovere ogni volta, cos’è che ti fa chiudere il libro sul più bello, quando sta per rivelarsi il segreto che ti guida con la sua bussola a rovescio? La nebbia ti avvolge e t’impedisce di vedere quale scenario si apra oltre il cartello pubblicitario dell’Ikea, cosa ci sia dietro l’angolo dove un gruppo d’infermieri trafficano intorno a un’ambulanza, dietro la chiesa illuminata a giorno, cosa ci sia dietro ogni cosa, dietro la vita di cui non sai più nulla, come una scena su cui si agita un dramma di cui non sei il protagonista. E Nino, cosa fa? In che modo ti aiuta? La sindrome ti assale a tradimento, sei tentato di lasciare pure lui e tornare da Amerigo, di vedere il film della vita proiettato sulle pagine del suo romanzo, perché si sa che lo scrittore è onnisciente, conosce l’intreccio fino in fondo, solo lui possiede il senso delle cose che cominciano e finiscono, della pagina che ha dietro un’altra pagina, e tutto corre verso il punto che dovrebbe chiarire ogni mistero e invece è una parola vuota, terribile e crudele, la parola fine, così difficile da pronunciare nella città incomprensibile che ormai per te è Parigi.


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