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64. Il bambino uccello

Creato il 18 novembre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su novembre 18, 2011

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Lo avrete capito, c’è sempre chi non è d’accordo.
Fantasmi, ti sembrano fantasmi gli odii tra bianchi e neri, non ti pare possibile, eppure sono lì, come il fulmine che ti coglie impreparato, la ferita che ti infliggi radendoti la barba, il mal di testa che ti assedia e strappa via il sorriso dalle labbra.
Eppure sogno, sogno un mondo in cui i bambini siedano allo stesso tavolo, con le penne in mano, gli occhi che guardano l’altro stupiti e pieni di fiducia.
Se la presero con Johnson, che si aspettava di avere a che fare con i soliti quattro leccapiedi.
Non avevamo capito di avere gli schiavi dentro casa, ci sembravano lontani, di regioni dove non saremmo mai arrivati, potevamo evitarne la presenza, sentirci innocenti, puri come la musica in un auditorium.
Disegnano personaggi che si prendono per mano, diversamente vestiti, diversamente colorati, diversamente uguali – diversamente abili: non è una discriminazione pure quella? L’handicappato mi è sempre parso un santo, al mio confronto.
Non puoi perdonare cose come l’Edmund Pettus Bridge, la volta che volevamo dire di esistere e nient’altro – amore, solo per te sono qualcuno?
La pulizia etnica: come fossi un panno sporco, un mucchio d’immondizia, come non fossi un uomo, pure io.
A destra un albero dalla chioma verde, a sinistra arcobaleni che formano archi sbilenchi sulle cime di monti che scambieresti per diagrammi.
Ci spingevano via, come cani randagi, ma i cani, oggi, sono viziati e coccolati; noi, non ci coccola nessuno.
Un negro può dormire per terra, sui cartoni, non ha la sensibilità del cittadino rispettabile; un negro può sognare un mondo fatto di stanze, di cucine, di divani buoni, l’importante è che non tocchi la mia roba.
In un altro disegno c’è un bambino simile a un uccello con le ali spiegate – ricordi? il gabbiano che planava, il volo che poteva diventare la tua vita, se solo qualcuno, se solo qualcuno.
Di chi è il ponte? Di chi è la strada che conduce in paradiso? Vinceremo, cantavo, vinceremo. Ma le lacrime scendevano dagli occhi, amore, possibile che mi ami solo tu?
Fino a che punto si può sfruttare un uomo? E se fosse tuo figlio, tuo fratello? – ricordi, ne avevamo parlato e tu mi guardavi come sentissi per la prima volta parole come quelle.
La faccia di chi aiuta ha un sorriso speciale, come giungesse dalla parte opposta del ponte, diciamolo pure, da tutto un altro mondo.
Fu così che andammo da Johnson e molti cominciarono a fargli i complimenti.
Ti chiedi come si possa essere, al giorno d’oggi, ancora schiavi; ti meravigli che qualcuno possa avere il coltello dalla parte del manico e pensi, per un attimo, a Isaia, il poeta – come diceva la bambina: dal libro del poeta Isaia, e non sapeva di avere indovinato.
Lasciare la famiglia, gli amici e andare alla ventura, rischiando la pelle, perché dall’altra parte del ponte ci sono i derelitti,  i rifiuti tossici della società del benessere e della sicurezza.
Che onore, signor presidente! Un piacere, signor presidente!
Trasformeranno le loro spade in aratri e le lance in falci. Le nazioni non saranno più in lotta tra loro e cesseranno di prepararsi alla guerra. Il poeta Isaia; amore, perché solo noi due viviamo in pace?
Dall’aereo, la terra è una mano che accarezza l’acqua, una manciata di foglie che galleggiano sul lago.
Solo io gli dissi quello che pensavo: tutti mi guardarono di sbieco; ma ero felice, come il bambino uccello che prendeva il volo, finalmente.


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