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L’incubo di Cavedagna sono le malattie di amici e conoscenti. Ogni telefonata è un bollettino medico: Gigi soffre di alopecia, non fa che lamentarsi della caduta dei capelli e lo costringe a guardare le chiazze che si aprono qua e là, a osservarle da vicino, a toccarle con mano per rendersi conto della calamità che lo perseguita. Sono mesi che s’interroga sulle cause possibili: abuso di anticoagulanti, eccesso di vitamina A, stress e logorio. Il tempo libero lo dedica a leggere il Manuale di Tricologia di Andrea Mariani o il Manuale di dermatologia medica e chirurgica, terza edizione, Autori Vari. Dopo mezz’ora di lagnanze, Cavedagna comincia a fare altro – sfogliare il quotidiano, correggere una bozza, spazzolare un abito – lanciando ogni tanto segnali di presenza – eheheh! ah! ma va! – privi di qualunque riferimento col contesto. Anna, invece, soffre di artrosi cervicale: i discorsi s’infarciscono di cefalee, articolazioni, cartilagini e vertigini. Il guaio è che il dottore, se non riesce ad occuparsi d’altro, inizia ad avvertire i sintomi di cui si parla: dolori alla base del collo, inibizione al movimento, rumori nel ruotare il capo; e poi la sonnolenza, il mal di stomaco, i disturbi della vista. Il romanzo ne risente: impossibile negare che i personaggi riflettano le esperienze dell’autore, per cui Alberto finisce col perdere i capelli, Teodora è afflitta da dolori articolari – anche per le lotte con Olivia -, Marco risente di cefalee improvvise, non perché ignori a chi appartenga il manoscritto, ma perché il dottore ha versato in terra la macchinetta del caffè, mentre Gigi gli traduce un brano del The Merck Manual – quinta edizione, Milano, Springer-Verlag, 2008 – e lui è convinto che il cerchio alla testa sia il segno che non deve rispondere al telefono, perché il male è il lamento, è ascoltare la tua voce, il male è il mal di te.