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69. Il tuo cuscino

Creato il 24 novembre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su novembre 24, 2011

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Poi, naturalmente, c’era il problema dei preti e del loro celibato.
In effetti, viene da pensare. Come una cosa così naturale come il sesso.
Non ho mai amato la cravatta: era come il colletto; possibile ci sia sempre qualcosa che ti stringe, che soffoca il respiro?
Insomma, il problema della solitudine, in una società che ti considera un marziano caduto da un pianeta arretrato e incomprensibile.
Possa di punto in bianco finire in frigorifero, relegata, incatenata, come se il rimosso non dovesse tornare a galla, in qualche modo.
Ma poi la metti, perché le forme, i superiori, la maschera junghiana è indispensabile, non si può vivere solo quello per quello che si è – per carità.
Che poi tanti rinuncino, capiscano di non riuscire a reggere, di non potersi privare di un diritto, che dico, una necessità.
Come se il calore, la bellezza, l’attrazione, fossero cose secondarie, di cui puoi fare a meno senza battere ciglio.
E quando ti radi, la mattina, ti chiedi se la notte, per caso, non abbia avvertito, magari inconsciamente, un’assenza, un desiderio, se per caso non sia arrivato un sogno che fatichi a ricordare, se non hai stretto il cuscino pensando a quella volta, quel giorno, mentre ti radi e pensi e ti domandi.
Che poi i seminari siano sempre meno frequentati e si riempiano, magari, di candidati che approdano da chissà quale paese –  per trovare una certezza nell’assenza spaventosa del minimo vitale?
Come se il mondo non fosse una coppa offerta all’universo, un seno al vento che ruota all’infinito cullato dalla musica che, dicono, si produce nel vortice di orbite, ellissi, rivoluzioni permanenti.
E il giornale che leggi, prima del caffè, ti dice che la terra si rivolta nel letto di passioni sconvolgenti, dove, per un attimo, dimentichi chi sei, perché prima o poi devi pur dimenticare, abbandonarti alla corrente, al flusso, all’onda che travolge pensieri e sentimenti.
Ma mica è solo sesso. La censura riguarda i pensieri, i progetti, le intuizioni – e ti hanno insegnato che l’amore esiste nella libertà e non sai rassegnarti a obbedire ciecamente, a dire sì quando tutto l’essere è convinto del contrario.
E pensi al perdono, al Cristo che stende le mani per guarire e liberare, per ridare il sorriso, per aprire un orizzonte che non avresti immaginato.
Pensi che lui non aveva mai vestito paramenti e non aveva mai offerto sacrifici ne’ rinunciato a esprimere un’idea.
Come mai, in origine – ma conta o no, l’origine, l’inizio? – ci si sposava e basta e un miracolo del Nazareno fu salvare dalla malattia la suocera del primo papa?
T’immagini qualcosa, dalla parte opposta dello specchio, uno sguardo, un viso, labbra che si aprono in cerca di un compagno, e il rasoio a mezz’aria, mentre il giornalaio di fronte fa il suo squillo e hai capito che ancora una volta è troppo tardi.
Ti chiedi se, per caso, non sia stato un errore, se la Chiesa non possa decidere qualcosa di sbagliato, se il ricordo di un altro mondo, la coppa, le orbite, le rivoluzioni permanenti, non sarebbero una sfida salutare all’assenza quotidiana.
Poi pensi a Gesù, ti chiedi le ragioni di una scelta, ma era il Figlio di Dio, no, era il Figlio dell’uomo, ma lui era lui, no, lui era me, e poi la Maddalena e il Codice da Vinci e padre Ralph, e poi il rasoio all’ultima discesa e il giornalaio che ti chiede di Pietro, dei poveri che gridano di notte, e il futuro che bussa alla porta sotto forma di zingaro o accattone, e pensi che non hai paura e forse non hai tempo, e t’immagini abbracciato, spettinato, e poi ricordi che ti aspettano sul campo di battaglia, ti chiedono ti chiedono, ti chiamano ti chiamano e ti sei dimenticato, e capisci che in fondo è il tuo romanzo e mentre scrivi il tempo è già scaduto, è tardi per i sogni, e il rasoio ha tagliato il filo che rimane, la coppa, la rivoluzione permanente, il mondo che gira e non ti lascia neanche stringere, di notte, il tuo cuscino.


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