da qui
Banias è l’ideale per parlare di potere: il tempio di Augusto s’indovina ancora nelle tracce di finestre sulla roccia, nei frammenti di colonne che irradiano gli ultimi riflessi di grandezza.Turisti in magliette variopinte fotografano un presente che un istante dopo è già passato.
Sui riccioli neri di Yehouda corrono riverberi argentati:
- Pensiamo a quando Yehochoua non ci sarà.
Yoh’anan ha lo sguardo fiero del giovane che sfida il mondo:
- Mi sembra prematuro preoccuparsi.
Le guance di Yaacov ricadono molli sulle labbra e sui dentoni opachi:
- Invece dobbiamo prepararci.
Andreas parla con la bocca storta, come le sue orecchie:
- Chi potrà sostituirlo?
Il sorriso immutabile di Matityahou è amaro e secco come il terriccio che calpestano:
- Ragionate come se fosse già sepolto.
- Non fare l’ingenuo: guai a non essere pronti, in quel momento.
La grotta si apre nella pietra come un buco nero, che inghiotte ogni certezza.
Shime’on ha lo sguardo fisso, le labbra serrate come in una morsa:
- La nuova guida sarà chi gli è stato più vicino.
- Si può essere vicini in tanti modi.
Gli scalini sparsi tra le rocce ricordano i sandali di chi saliva allora.
- Chi lo ama di più, gli è più vicino, fa Yoh’anan.
I cespugli aggrappati alla parete esibiscono la loro giovinezza.
- Amare! Ciò che conta è amare il popolo, ribatte subito Yehouda.
Sembra di vedere la gente che accedeva al tempio, varcando la soglia col carico di paure e desideri.
- Non si ama in generale, Yoh’anan lo interrompe. Amare tutti è amare nessuno, dice sempre lui.
In una finestra scavata nella pietra si vede una conchiglia perfettamente conservata.
- Basta con questa storia, si spazientisce Matityahou, io credo che sapremo come fare.
- Tu credi! Non basta credere, bisogna organizzarsi.
Gli occhi di Yehouda brillano di una luce strana, come quella che attraversa i capitelli, come l’immagine del tempio di Augusto che si materializza sfidando l’usura dei millenni.