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76. Un po’ troppo

Creato il 19 febbraio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su febbraio 19, 2012

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- Dimmi qualcosa di più del tuo romanzo.
- Cosa vuoi sapere?
Afferri il boccale e mandi giù il sorso più lungo da quando siete entrati. Stai fissando gli occhi della donna: come hai fatto a non accorgerti della sua bellezza? Cosa scatta nella mente di un uomo, facendolo passare dall’indifferenza a un battito di cuore accelerato, quali reazioni chimiche o biologiche lo accendono senza dargli possibilità di difendersi o fuggire?
- Tutto: di cosa parla, dove vuoi arrivare, cosa ti aspetti che resti nel cuore del lettore.
Solo adesso noti la dolcezza del sorriso, l’ombra di malinconia, come un velo leggero sul suo sguardo; e il corpo slanciato, i seni pronunciati, le forme che ti sembrano, adesso, tutte modellate col cesello. Se non fosse partita e non ti avesse raggiunto superando ogni timore, sfidando la pistola di Marius, il proiettile che le ha solo sfiorato i ricci rossi, se non non ti avesse tirato via dal supermarket? Se non fosse mai esistita, cosa avresti da scrivere nel pub che ora è tutto una nuvola di fumo?
- Parla di una donna che vuole realizzare un sogno.
- E ci riesce?
Ti chiedi che differenza ci sia tra la vita e la scrittura: riempi pagine su pagine e immetti energia nella mano che adesso si solleva, sfiora la sua guancia, raccoglie una lacrima che spunta sulle guance diventate rosse e rivedi la questuante con la busta di giocattoli e senti l’eco ossessiva delle tue parole stupide, non ho figli né nipoti, non mi servono giocattoli: è possibile essere più ciechi? E’ per questo che dimentichi tutto, il pub, gli avventori che tracannano le Guinness, le ragazze al banco che passano lo straccio e battono le dita sulla cassa; tendi la mano verso la camicia rosa, vuoi sentire il seno che trabocca, capire se è vero o stai solo assaporando un sogno da scrittore, che confonde sempre i desideri e la realtà; capisci che non oppone alcuna resistenza, anzi, ti pare che si sporga, che il profumo dei riccioli rossi penetri narici e polmoni e ogni altro organo interno, sei attratto da una forza che ti costringe ad allungare il collo, a spingerti oltre la tua metà di tavolino, a intuire due labbra vicinissime alle tue, e cosa succeda non sapresti dirlo, perché non sai descrivere la perdita di sé, l’energia dell’universo che t’invade e trascina via ricordi e delusioni, colma e travolge ogni spazio disponibile, la pagina bianca su cui scorre l’inchiostro di brividi e emozioni, le mani, il seno, il respiro che si fa affannoso, il mondo che perde ogni contorno al punto che non potreste accorgervi dei poliziotti che entrano nel pub se il gestore non vi mettesse una mano sulla spalla col sorriso di chi è ormai abituato ai clienti che bevono un po’ troppo.


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