Magazine Cultura

77. Un canto

Creato il 03 dicembre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su dicembre 3, 2011

da qui

Siamo alla fine, per quanto mi riguarda. Ogni storia ha una fine, in cui possiamo riconoscerci, perché la domanda è quella: cosa resta di noi? Quale traccia lasciamo in questo mondo?
La notte è una finestra appena illuminata, un uomo vestito di bianco, leggermente inclinato in avanti, pronuncia parole che si posano lente nella piazza, come colombe portate dall’istinto.
E’ un albero maestoso – una quercia, un olmo? Il riflesso del sole impedisce di vedere chiaramente. Sembra venirti incontro, piegato in avanti, come ho immaginato il padre della parabola che spia la linea impercettibile dell’orizzonte, in attesa del ritorno di un figlio che non vuole credere perduto.
Ho fatto quello che potevo, da uomo semplice della campagna bergamasca, di famiglia contadina, abituato agli odori della stalla, al muggire buono delle vacche, al fischiare del vento tra le case.
Parole in cui il mondo si confessa, consegnandosi alle mani dell’altro, lasciando che il destino di uno sia di tutti – mamma, cosa dice? Aspetta, fammi sentire.
L’acqua fa un rumore sordo, con le onde che giocano a rincorrersi fino ad adagiarsi sulla sabbia scura del tramonto, come donne sazie d’amore.
Ho perdonato, ho aperto la Chiesa all’ingresso della gente, senza escludere nessuno, anzi, abbracciando quelli che si dicevano lontani – ecco, là in fondo, qualcosa si muove, una figura umana, che arranca lentamente.
Un fiume di persone con le candele accese, si muove, si ferma, si rimette in movimento.
Un uccello prende la rincorsa e spicca il volo – non è questa la nostra vocazione? Quanto abbiamo da imparare dal merlo, dallo storno, dalla rondine.
Ho rischiato che contestassero la Chiesa – ha le vesti stracciate, il capo chino.
Si direbbe che perfino la luna si sia affrettata, stasera: osservatela, in alto.
La schiuma si rivolta, salta, si attorciglia, mentre il sole esplode come un grido.
Ho messo a repentaglio la mia immagine di papa, lasciando penetrare i venti della società nel chiuso delle stanze vaticane – ecco, sta alzando la testa, riconosco gli occhi, la linea scura delle sopracciglia, i capelli spettinati.
A guardare a questo spettacolo. La mia persona non conta niente, è un fratello che parla a voi.
Il prato si stende fino all’orizzonte, ti sorprende sempre, con lo spuntare improvviso del carciofo e del gladiolo, il rosseggiare del papavero, il profumo unico dello zafferano.
Ho avuto amici e nemici, ho suscitato polemiche e entusiasmi – è mio figlio! vieni, sono qui! abbracciami, fatti toccare, lasciati mettere i calzari, il vestito più bello, tieni, questo è l’anello che porterai per sempre, d’ora in poi!
Sono padre e fratello, tutto insieme: continuiamo, dunque, a volerci bene così.
Hai mai visto un tramonto? Voglio dire: l’hai mai visto davvero, fino a piangere, a sorridere, a comprendere che è lo sguardo di Dio sulla tua vita inutile, insensata, persa dietro alle ambizioni, agli odi, a invidie e gelosie?
Ho avuto fede, questo posso dirlo. Ho sempre creduto che Dio non abbandona questo mondo – venite, facciamo festa! mio figlio era perduto, ed è stato ritrovato!
Cogliere quello che ci unisce, lasciando da parte quello che ci può mettere in difficoltà.
Hai mai visto la luce che si accende proprio quando il sole sta per coricarsi, come se lui, Dio, accendesse l’abat-jour per leggere meglio la tua vita, prima di andare a letto?
Ho amato, innanzitutto i poveri, i semplici, tra i quali mi sono rifugiato al termine di giornate in cui ero costretto a incontrarmi coi potenti.
Tornando a casa, troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del papa.
Hai mai sentito il rumore della pioggia? Voglio dire: l’hai sentito davvero? Sono le lacrime di Dio, il dolore di aver perso un figlio, la gioia di averlo ritrovato.
Prova a vederlo, a sentirlo, nella notte, mentre la luna è un occhio di pantera, il mare una sottana d’argento, le sue labbra, le sue mani, il suo ventre, un canto di cui, adesso, non ricordi le parole.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine