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8. La visione gotica

Creato il 23 marzo 2013 da Vivianascarinci

1. Premessa

2. Il diavolo

3. Kay

4. Gerda

5. La donna esperta di magia

6. Intermezzo

7. Principi, principesse e ragazze virili

Alla coscienza del mondo possiamo rivolgerci in preghiera, essa ricompenserà fedelmente i suoi fedeli servitori secondo il loro merito, e la sua ricompensa suprema è la pace dello spirito. All’immaginazione del mondo non rivolgiamo preghiere. Ci ritorna alla mente come, l’ultima volta che lo facemmo, ci fu chiesto, in risposta, con la velocità del lampo, dove eravamo quando le stelle del mattino cantavano in coro o se sapevamo legare i dolci influssi delle Pleiadi. Senza che noi chiedessimo loro la libertà, queste forze libere ci hanno resi liberi come le forze delle montagne, ci hanno sciolti dall’iniziativa e dalla determinazione, oltre che dalla responsabilità. Esse non dispensano paghe, ogni favore che ci elargiscono è un dono e il loro dono più grande è l’ispirazione. Un dono può prendere il nome sia dal donatore sia da chi lo riceve, e in questo senso la mia ispirazione è mia, più di qualunque cosa io possieda, ed è al tempo stesso un dono di Dio. Karen Blixen   

Che cos’è una fiaba? Che funzione svolge nell’immaginario di ognuno di noi? Volendo lasciare indisturbate nelle loro sedi le spiegazioni di natura antropologica, sociologica, etnica la domanda resta quella relativa al legame che ha la fiaba con la poesia, o meglio  con l’integrità della persona di cui tutta la poesia è espressione. Karen Blixen, un’altra grande narratrice danese che tra realtà e poesia ha saputo intessere una vera e propria araldica (Nadia Fusini) delle casistiche umane, nelle sue fiabe per adulti rappresenta in filigrana un doppio del reale, un’ultrarealtà che mette finalmente a dimora il seme dell’invisibile dentro il risaputo, rompendo attraverso il linguaggio, l’immobilità che talvolta imprigiona i destini, iniziando così il lettore all’imprevedibile. Sortilegio che la Blixen applicò in primo luogo alla sua vita, utilizzando la scrittura come vero e proprio orientamento occulto della sua vicenda personale. Tutto lascia supporre che anche per il suo connazionale Andersen le cose non stessero diversamente, se è vero che un poeta, e Andersen fu soprattutto questo, rimane sempre una sorta di amante rifiutato. Uno sguardo che dal margine del suo isolamento attenta per mezzo della poesia, alle infinite apparenze con cui l’amatissima realtà si mischia, senza che lui la possa quasi mai  toccare.

Gerda in groppa alla rena viaggia ormai ad altissima velocità verso la sua meta. Ormai sembra che più nulla la ostacoli, neanche i falsi destini che di  volta in volta le si sono frapposti e hanno tentato di trattenerla in storie che non le appartenessero. A questo punto Gerda ha a che fare con due donne che Andersen definisce solo mediante l’area geografica di cui sono espressione. La prima è la donna lappone che vive in una casa la cui porta è quasi sotterrata, frigge il pesce e ascolta con partecipazione le storie delle due creature che le si parano di fronte: una renna parlante, e una bambina intirizzita. E senza stupore, e senza soprattutto antipatici protagonismi, scrive su un pezzo di baccalà, una lettera, forse di raccomandazione, a quella che a tutti gli effetti si dimostra poi una collega finlandese, superiore gerarchicamente per chiaroveggenza. La donna lappone e la donna finlandese sono due streghe.

Così sempre in groppa alla renna Gerda raggiunge l’altra strega che naturalmente già sa tutto. Già sa che a questo punto la storia è finita. Ma né Gerda, né la renna né Kay ancora lo sanno. La finlandese che vive in una casa senza porta e caldissima a dispetto del clima del suo paese, ha la pelle sporca, chissà perché. E legge probabilmente per finta. Legge il pezzo di baccalà inviato dalla collega. Legge da un altro misterioso foglio lettere incomprensibili. Quando la renna ingenuamente le chiede se non ha qualche misteriosa pozione che renda Gerda più forte della donna che le ha rubato il fidanzato, la finlandese sa che nulla che possano dire o stabilire in quel momento ha più alcune senso. E allora si inventa la solfa che grazie ai meriti accumulati durante il viaggio e grazie alla sua purezza di spirito, Gerda è già più forte della gelida maliarda. Molto affrettatamente poi si sbarazza dei due, dando indicazioni alla renna di condurre Gerda a un cespuglio che segna l’inizio del giardino di un castello di ghiaccio. Lì Kay non è rinchiuso e vive momentaneamente da solo, dato che quella che avrebbe dovuto essere la sua carceriera, se n’è andata per un po’ in Italia, attratta dai fumi del vulcano Etna, che desidera morbidamente imbiancare essendo quello il vulcano più ganzo di tutta Europa.

Anna Maria Ortese scrive “senza la retorica, nulla di serio o di vero può esser detto, mancando quel falso che è misura e supporto del vero”. Spesso, negli scrittori profondamente collusi con l’irreale, con la favola, con una visione gotica dell’umano, come lo fu Andersen, il depistaggio che questi poeti operano falsificando attraverso il linguaggio, le piste insignificanti, piuttosto che l’ordito di una trama realistica, compone una visione lussureggiante della pura verità. Un tipo di verità che rende assai vero quello su cui una scena quotidiana, di primo acchito silenziosa, risulta magicamente reticente. Continua …

da “La regina della neve nella riscrittura quasi fedele di Viviana Scarinci”


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