Pubblicato da fabrizio centofanti su febbraio 25, 2012
da qui
Perché sei tornata? Pensi che una città possa cambiare prospettiva alla tua vita? Non confondi l’arte e l’esistenza? Che ti fa pensare che il ponte pieno di negozi, di gente che guarda le vetrine, il riflesso dell’acqua in cui si specchiano i sogni, faranno di te una Dalia che decide di cambiare pagina, come lo scrittore che ha davanti lo schermo vuoto o il foglio bianco e freme all’accavallarsi delle immagini, si emoziona a una nuova situazione, ti vorrebbe capace di dire anche di no, di prenderti il tuo, di non essere fedele a tutti i costi, perché la fedeltà ti sta svuotando e solo se incontrassi un uomo vero potresti dare una scossa a una trama che rischia d’ingolfarsi. Pensi che la città sia un mazzo di tarocchi in cui leggere il futuro? Convinciti, non sei come il cantante o l’uomo dall’abito scuro. Sei qui perché il destino ti riporta al punto di partenza, come nel Monopoli, e tu ci credi, sei convinta che Fausto si accorgerà di nuovo del tuo amore, nonostante i tradimenti, le fughe, la noia che logora ogni cosa, anche le dita dell’artista, insoddisfatto dell’opera che crea, tirato da ogni parte, pressato da personaggi che non vogliono ubbidire al progetto scrupolosamente articolato, sfuggono, non si lasciano ridurre alla ragione del racconto, soprattutto se tornano nella città dei destini ostinati – dicono che la radice sia la stessa: sed tu, Catullae, destinatus, obdura -, lo scrittore pensasse ciò che vuole, tu non hai intenzione staccarti dalla distesa rossa dei tetti, dei lampioni in fila lungo il fiume accecato dal tramonto, delle statue bianche e nude che guardano perplesse la massa dei turistici estatici. Sei libera, Dalia, nessuno può impedirti di fare la tua scelta, nemmeno chi scrive la storia, rassegnato a registrare lo sguardo fisso sulle stelle, appese sopra il ponte pieno di luci e di fantasmi, disposti a tutto pur di vivere ancora un istante che possa dirsi amore.