Sei lì, a casa, e lavori al computer. E come unico sfogo cazzerelloso hai Facebook. Questa è una solitudine facile e non la chiameresti nemmeno così.
Sei lì, in aeroporto. L’aereo è in ritardo e tu smaltisci le mail. Questa è una solitudine piacevole, o almeno necessaria. E poi tanto passa.
Anche quando la sera non esci e ti prepari un panino mentre guardi la tivù, o meglio: ti prepari un panino mentre la tivù parla e tu continui a battere sulla tastiera del computer. Quella è una bolla di solitudine che ti godi un sacco.
Però poi c’è la solitudine della contrattazione: quanto mi paga quando mi paga? Questa è una solitudine in cui non hai uno straccio di sindacalista a cui rivolgerti ma nemmeno un cavolo di collega che ci sia passato prima di te, e comunque nessuno ti direbbe la verità, e comunque tu stessa non vuoi dire niente in giro, e comunque c’è chi ti consiglia di non parlare a nessuno. E nel migliore dei casi aggiunge: “Te lo dico come lo direi a una figlia…”.
Continua… (Silvia Bencivelli)