Pubblicato da fabrizio centofanti su giugno 12, 2012
da qui
Ti senti solo. Scendi nell’ascensore pensando che sia tutta un’illusione: l’estasi là in alto, l’immaginazione di te morto sul selciato, l’idea che finalmente possa concludere qualcosa, la domanda di Fofner, la macchia blu del fiume in mezzo alla massa bianca e grigia delle case. Corri sul prato come un pazzo: non t’importa che la gente guardi, anzi, che ti prendano per folle, così puoi rinunciare una volta per sempre agli schemi in cui ti sei – o ti hanno – ingabbiato fino a oggi. Un giovane con la giacca in pelle ti fotografa, incuriosito dal tuo atteggiamento fuori del comune. Ti dirigi su di lui, gli strappi la macchina e la getti in terra; poi ricominci a correre, passi in mezzo a una coppia di anziani che sembra spaventata, vedendoti arrivare come un macigno rotolante dalla montagna scura della rabbia. Due bambini con lo zaino in spalla stanno andando a passo svelto in direzione delle panchine verdi del parco; ti viene in mente qualcosa, ma non riesci a mettere a fuoco l’immagine di tanto, troppo tempo fa. Ecco: i compagni di scuola sono davanti al tabellone bianco dei voti; arrivi barcollando, rischi di essere rimandato a settembre, per la prima volta. La Cona, vecchia strega che insegna matematica, ti ha portato agli scrutini con un cinque. I compagni che chiacchierano sono i primi della classe: Boemi, Fioravanti, che abita in una villa da ricchi sotto il Fungo. La scena cambia: sei con lei di fronte al ristorante che s’innalza come una torre dalle aiuole impeccabili dell’EUR; sei orgoglioso di avercela portata, potrai fare per un giorno l’amante facoltoso che non bada a spese; hai lavorato duramente da Corsetti, al Vecchia America, sedici ore filate a trasportare vassoi enormi di pasta e carne e patate piene d’olio, che il giorno prima hai rovesciato su un cliente ben vestito, sentendolo imprecare per il resto della sera. Ti piace, da quassù? Sì, mi piace: prendiamo la cioccolata calda con la panna? Perché è così bella? Ti chiedi se la vita sia sgobbare come un asino per cadere finalmente ai piedi di una visione come questa. A che stai pensando? Che le rispondi? Come dirle che ti sembra un sogno averla lì, che ti sei preso fior di parolacce per mettere insieme i soldi per il Fungo? Sto pensando che è bello stare qui. Bugiardo, dimmi tutto. Che ti legga nel pensiero? Che a quest’altezza le nubi si diradino e lascino il posto al cielo limpido dei pensieri così come sono veramente? Sto pensando che sei bella, che valeva la pena farsi insultare dal cliente a cui ho versato addosso l’olio bollente delle patate al forno. Così mi piaci, non aver paura di dire le cose come stanno. Paura? Uno come te? Pensi che la Cona avrebbe il coraggio di bocciarti? Fioravanti ha il sorriso stampato sulle labbra: per forza, con una villa come quella è impossibile intristirsi. Allora, hai letto? Sì, mi ha messo sei. D’accordo, da oggi ti dirò quello che penso, anche se scendiamo giù, perché si scende prima o poi, perfino da un posto come questo. I bambini siedono sulla panchina verde, hanno aperto lo zaino, prendono un libro. Ti piacerebbe sapere cosa leggano, se saranno capaci di andare fino in fondo, se le nuvole avvolgeranno le righe tutte uguali, una per una, fino a cancellarle, a costringerli a guardarsi negli occhi e a dirsi, da oggi, quello che pensano davvero.