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9. Appendice. Fabricii Elementatio Theologica.

Creato il 17 marzo 2011 da Fabry2010

Com’era costume al tempo delle prime compilazioni di indagine dottrinaria sugli attori nelle scholae cittadine, il frammento di cronaca sulla vita del borgo di San Pietro e sui cosiddetti Fabriciani è accompagnato da un foglio aggiunto, che pare di redazione anteriore alla trascrizione secentesca del manoscritto. Se ne dà qui la traduzione.

Et hic incipit Fabricii Elementatio Theologica. (con le note del censore)

Fabricius diceva che noi donne e uomini siamo figli di Dio in senso figurato, al modo in cui un autore crea i personaggi del suo romanzo, solo che nemmeno Dio sa perfettamente cosa faranno i suoi figli , così come un autore non sa perfettamente come si svilupperà l’intreccio, se qualche personaggio finirà per fare qualcosa di imprevisto, o la necessità della narrazione condurrà lo stesso autore in terra incognita.
Et hoc, se non è accompagnata da corrette spiegazioni, videtur heretica locutio.
Aggiunge anche che Dio ha molto maggiore soddisfazione a seguire i personaggi umani della sua opera, che è prosimetron, piuttosto che ogni altra specie di viventi, che per necessità di natura fanno sempre le stesse cose. Aggiunge sorridendo che a Dio piacciono le sorprese, e che quindi anche noi possiamo sperare nelle belle sorprese, come cosa a Dio gradita.
Et est dubium in hoc.

Gesù rideva. Aliquando era triste, era arrabbiato, era malinconico. Gesù disse: “sarà anche il mio lavoro… ma a me chiodi e martello mi mettono il magone”.
Hoc videtur apochryphum atque soloecysmum.

Se a Dio piacciono le sorprese, Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire inatteso al cospetto di Dio, perorando in nostro favore.
Expositio Apostoli.

E non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui.
Expositio Apostoli.

E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio,
Così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Expositio Apostoli.

Ogni creatura umana è unica e irripetibile, ogni istante è unico e irripetibile, nell’attesa della fine dei tempi, che avranno un fine.
Hac videtur opinio Iohannis Pannonici.

Fabricius affermava che neppure ci sono due anime uguali e che il peccatore più vile è prezioso quanto il sangue sparso per lui da Gesù Cristo. L’atto di un solo uomo (affermava) pesa più che i nove cieli concentrici e fantasticare che possa perdersi e ripetersi è una complicata sciocchezza. Il tempo non torna a fare ciò che perdiamo: l’eternità lo conserva per il gaudio o per il fuoco eterni. E comunque ogni giorno nel secolo potrebbe essere l’ultimo.
Hac videtur alia opinio Iohannis Pannonici, sane temeraria.

Fabricius diceva spesso che noi uomini e donne siamo come goccioline d’inchiostro (sicut guttae minutae atramenti) che hanno come destino di essere prese dal calamo e disposte sul foglio. Qualcuna, di queste goccioline, è grande abbastanza da esser disposta in un punto, un’accento, una vocale, una sillaba intera. Così il Padre delle Storie dà ordine, forma, stile alla sua creazione e la dispone in modo acconcio a realizzare la Bellezza, nelle relazioni sempre nuove delle parti.
Hoc cernendum est manifestos et execrabiles erorres, immo potius vanitates et insanias falsas, esse.

Fabricius diceva che tutti gli uomini erano uguali, per nascita e per morte, e quindi era un chiaro segno del volere di Dio che tutti gli uomini erano ugualmente suoi figli, e un giusto padre non ha preferenze, e sostenere che vi fossero “figli diletti” ai suoi occhi era palesemente un tradimento delle scritture. Fabricius diceva che la vita dell’uomo è un difficile cammino tra i due grandi dolori della nascita (si entra piangendo nella vita), e della morte (si esce dalla vita sospirando, con tristezza, rabbia, rimpianti per le cose fatte e per quelle non fatte), e questo cammino è illuminato dall’inaspettato, dall’inatteso. La provvidenza, che è il volere di Dio, arriva sempre in modo inatteso, e quindi affliggersi per il fallimenti dei nostri propositi è cosa da bambini capricciosi e fissati sul qui e ora. Si agisce sempre in due, l’uomo e il suo compagno, Cristo, anche se non ce ne rendiamo conto, e i nostri sforzi, se ben fatti, equivalgono al lavoro di due, tre, mille uomini. Perché il nostro compagno è potente può fare cose meravigliose.
Hoc videtur recta opinio.

Dio padre ha creato la materia, i mattoni, il materiale. Noi viviamo nella seconda creazione, la parola, il mondo spirituale, facciamo e disfiamo, ma con la parola siamo come dei. Non siamo Dio, ma siamo “come” dei (qua si deos). Damnandum est

Se Dio si è fatto uomo, allora ne ha condiviso finitudine e impotenza, l’esperienza umana più generale e propria, il fallimento, e la morte. Allora, se Gesù ha sperimentato impotenza, non può aver redento. Da qui la necessità dello Spirito, consolatore, adiuvatore, paraclitus. A questo argomento di ragione, Fabricius nota che sul grande mistero non vale la pena rifletterci troppo, per la limitatezza del nostro intelletto. Andate a fare per oggi una (piccola) opera di bene e parliamone poi insieme. Damnandum est.

Non bisogna mai dimenticare che Dio ha stabilito alla fine dei tempi la dissipatio humanis generis.
Hanc sententiam quoque insaniandi gratia non est docendum.
Non si deve insegnare ciò che qui è stabilito a causa del rischio di impazzire.



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