9 DICEMBRE – “L’Italia si ferma”. È questo il grido che ha accompagnato il primo giorno di intensa protesta da parte di chi, in tutta Italia, chiede le dimissioni del governo e il ritorno a un’imposizione fiscale meno invasiva. Un’iniziativa che ha coinvolto movimenti trasversali, dai noti Forconi siciliani al gruppo LIFE – Liberi Imprenditori Federalisti Europei, dai Comitati Riuniti Agricoli ai Cobas del Latte e varie associazioni di autotrasportatori. Nei volantini diffusi, anche sul web, nelle settimane scorse, si chiamava all’appello “L’Italia che produce in qualsiasi settore, l’Italia dei disoccupati, dei precari, dei giovani, degli studenti, dei padri, delle madri, dei figli e di chiunque voglia dire basta”. In effetti, in molte città si è registrata una cospicua partecipazione da parte di manifestanti che hanno dato vita a una protesta generalmente non-violenta. Unica eccezione Torino, dove si è registrata una paralisi generale del trasporto ferroviario, soprattutto nella stazione di Torino Porta Nuova. Da segnalare la guerriglia iniziata di fronte alla sede della Regione Piemonte, con lancio di pietre da parte di alcuni gruppi calcistici di ultras, mentre gli agenti di polizia lanciavano lacrimogeni.
A Bologna, la protesta si è concentrata di fronte alla sede di Equitalia, in via Tiarini. Non era presente Tiziana Marrone, vedova dell’artigiano Giuseppe Campaniello che si diede fuoco davanti alle Commissioni tributarie bolognesi. Nei giorni scorsi, il caso della signora Marrone è tornato sotto la luce dei riflettori, in quanto le è stata consegnata una cartella esattoriale del valore di 60mila euro. Programma simile anche nella città di Milano, dove si è svolto un corteo diretto alla sede locale di Equitalia e alla sede della regione.
A Genova, il settore degli autotrasporti rimarrà bloccato almeno fino al 13 dicembre, e gli organizzatori spiegano che la loro iniziativa è indipendente da quella dei Forconi siciliani. “Non abbiamo nulla a che fare con la protesta dei forconi –spiegano- Il nostro fermo era deciso da tempo e non vogliamo strumentalizzazioni”. Si sono registrati blocchi del traffico nel centro città e nella zona portuale, con slogan contro i sindacati e la classe politica.Per quanto riguarda la città di Roma, invece, si sono registrate manifestazioni soprattutto sull’Ostiense, dove i partecipanti hanno ribadito l’intenzione di evitare qualsiasi trattativa con il governo. Hanno preso parte ai cortei anche le famiglie dei malati che chiedono di avere accesso alle cure con metodo Stamina, bloccate dal Ministero della Salute nonostante i numerosi appelli degli stessi ammalati. Piazzale dei Partigiani ospita un presidio fisso con cartelli e striscioni di protesta.
In Sicilia e Sardegna, invece, le proteste non hanno ancora visto il blocco del traffico, limitandosi al semplice volantinaggio. In Sardegna, in particolare, sono stati distribuiti fogli con lo slogan “Basta Usura” in prossimità delle sedi di Equitalia. Di grande impatto è stata l’iniziativa di far sfilare, per la città di Sassari, una bara commemorativa di tutti gli imprenditori che si sono tolti la vita finora a causa della crisi economica e della tassazione al 68%. È tuttavia curioso che, in Sicilia, non abbia subito alcun blocco il casello di San Gregorio sulla Messina-Catania, simbolo storico della protesta degli autotrasportatori. Le manifestazioni si sono concentrate nella città di Catania, soprattutto in Piazza Università.
Situazione tesa, infine, nel barese dove il prefetto Mario Tafaro ha emanato un provvedimento per vietare l’assembramento degli automezzi lungo tutta la rete stradale fino al prossimo 13 dicembre, dato che i Forconi avevano già bloccato il traffico sulla tangenziale tra Poggiofranco e Carassi.Di tutta risposta, i manifestanti si sono radunati di fronte alla Prefettura di piazza Libertà ed hanno sfilato fino al centro della città chiedendo le dimissioni di tutti gli organi di governo.Per ora le rivolte si limitano a essere “informative”, senza accostarsi a sommosse vere e proprie con relativi bollettini di guerra. Gli organizzatori hanno però promesso che, se la classe politica non si dimetterà, questo sarà solo l’inizio della fine. E c’è già chi afferma di preferire un’Italia commissariata dall’Europa a una scacco di una politica fatta da personaggi nominati, privi di una vera legittimazione popolare.
Silvia Dal Maso
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