9. e vissero tutti più o meno felici e contenti

Creato il 27 marzo 2013 da Vivianascarinci

Gerda finalmente incontra Kay. Incontra non il bambino rapito dalla strega più potente di tutta la storia, ma un ragazzo mezzo assiderato chino da chissà quanto tempo sulla possibilità di comporre un unico lemma. Chiuso da quattro pareti gelide, tanto estraniato da tutto che neanche la riconosce. Certo possiamo anche credere che invece le cose stessero letteralmente come le scrisse Andersen, cioè che la regina della neve partendo per l’Italia, fosse certa che il ragazzo lasciato solo con il suo gioco fatto di tutte le lettere dell’alfabeto, non sarebbe mai stato capace, così assiderato e abbandonato, di evadere, componendo la parola eternità e acquisendo con ciò di colpo l’età adulta, un paio di pattini nuovi e la libertà. O magari possiamo anche ritenere che la responsabilità di tutti questi avvenimenti Andersen l’avesse liquidata a monte con la premessa dello specchio diabolico infranto che aveva deturpato momentaneamente il cuore e la vista del nostro giovane poeta. Ma cosa cambierebbe? Dopo che si sono ritrovati, Kay finalmente piange e lava via ogni scheggia diabolica dal suo corpo.

Quasi tutti i personaggi di questa storia, dopo che accade la catarsi del ritrovamento, escono dalle loro vite con sollievo e possono cambiare i destini dentro cui erano costretti perché tutto si compisse. La renna è un maschio che intanto si è sposato e offre ai due ragazzi il latte dai seni della sua giovane signora. Si viene a sapere che il corvo, amico fraterno di Gerda, è passato a miglior vita. Che principe e principessa dopo l’incontro con la nostra eroina hanno preso la via del mondo, probabilmente stufi di una favola che li voleva così banalmente buoni e belli. E le due streghe, la finlandese e la lappone, salvata la sorte di quella ragazza sbandata, si sentirono libere di tornarsene due vecchie contadine assai materne che semplicemente parteggiavano per bonomia nordica in favore della gioventù. Ma più di tutti è la ragazza virile che, finalmente diventata l’avventuriera generosa e solitaria che avevamo intravisto, con una frase lapidaria rivolta a Kay, dice quasi tutto ciò che resta da dire: “Vorrei sapere se lo meriti, che una corra fino alla fine del mondo per te!”

C’è un’altra favola di Andersen incredibilmente significativa che a ben guardare possiede molte tessere che combaciano con questa storia. L’uomo di neve parla di un giovanissimo uomo che similmente a Kay, essendo fatto di neve, ne possiede apparentemente tutte le caratteristiche: il legame con il gelo che cristallizza le sue possibilità di vita in un arco di tempo brevissimo e impossibile da eludere, la capacità di vivere con gli elementi della natura una sorta consanguineità esangue che gli fa intendere la lingua degli animali e l’alternanza di sole e luna senza davvero capirli, e soprattutto, l’ingenuità delle creature votate a un sogno soltanto. L’uomo di neve nella breve parabola della sua esistenza, si sente sempre strano ed è una sensazione che non sa spiegarsi, che gli fa venire in cuore uno strano languore che scrive Andersen “ tutti gli uomini conoscono, se sono fatti di neve”. L’unico desiderio, l’unico sogno dell’uomo di neve è la dissolvenza attraverso il calore di una stufa, impossibile da raggiungere perché è qualcosa che sta agli antipodi del suo gelo eppure che egli sente intimamente propria.

Difficile alla fine dei conti immaginare Gerda e Kay, che sono diventati nel frattempo la donna e l’uomo che abbiamo visto, tornare alla loro città, e sedere per gioco sulle loro seggioline di bambini. Una volta di fronte l’uno all’altra, difficile che fossero potuti rimanere lì fermi per sempre in un idillio irrealistico che Andersen prima di tutti, non avrebbe consentito che durasse più del tempo di un frettoloso lieto fino. Andersen avrebbe continuato a raccontarli per sempre, come in effetti ha fatto cambiando di continui titoli e svolte alla sua pirotecnica ricerca della pura verità, attraverso le figure che attribuiva a se stesso e agli altri. Lo avrebbe fatto per sempre, perché come Kay col suo unico lemma, Andersen sapeva fin troppo bene che la ricerca di se stessi “è come se uno stesse lì seduto a esercitarsi su un pezzo senza poterlo mai terminare, sempre lo stesso pezzo. Ha un bel dire che se la caverà, non ci riuscirà mai, per quanto suoni!”

1. Premessa

2. Il diavolo

3. Kay

4. Gerda

5. La donna esperta di magia

6. Intermezzo

7. Principi, principesse e ragazze virili

8. La visione gotica


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