da qui
Avrei voluto lavorare sempre col mio vescovo, così diverso rispetto all’immagine imperante della Chiesa.
C’è una folla, un corteo, una processione, i lampioni sono vedette che scrutano la notte, grondante di luci blu, bianche, come un pezzo di universo visto attraverso il telescopio.
Come era approdato nella mia città? A volte succedono cose che non spieghi con la logica comune, intrighi che causano quello a cui vorrebbero sottrarsi.
E’ un fiume che scorre, ciottoli umani levigati dalla fede, schegge impazzite di speranza.
Come sarebbe il mondo se ogni vescovo gridasse le parole del vangelo, se abbattesse la cortina delle diplomazie e dicesse pane al pane e vino al vino?
Le mille luci tremanti come stelle di cui ignori il nome sono torce accese, segnali di vita nel buio del cinismo rassegnato.
Non avrei mai immaginato di tornare qui, col cuore aperto di quando fai le cose di cui sei più convinto e l’entusiasmo non è un peccato, essere vivi non è un’eresia da sradicare.
Corrono, corrono, chi l’avrebbe detto? Quando mai si corre per uno dei discorsi di prammatica che non dicono nulla, utili per tornare a casa con un carico ulteriore?
Ti chiedevi ancora quale fosse il colore del futuro, pensavi allo zio che ti portava in chiesa addormentato e tu sognavi qualcosa che non saresti riuscito a decifrare.
Vi sento, sento le vostre voci, il fiume si è fermato, no, ancora tremano, te ne accorgi se guardi attentamente, ancora tremano le stelle.
Sognavi forse di gente che incrociava le braccia, davanti ai cancelli di una fabbrica, di un uomo vestito in nero, con una croce in mezzo al petto, che li assisteva con le sue risorse?
Nella mia voce sentite anche la vostra, le voci di tutto il mondo.
I commenti maligni non si fecero attendere, perché niente è più maligno dei commenti ecclesiastici, dai sacri palazzi all’ultima perpetua.
E non solo del mondo, ma anche della luna, che è corsa qui, per capire di cosa si trattasse, perché la luna ha un cuore, anche se nessuno ce lo ha detto.
Mi sentivo bene, per la prima volta dopo anni, perché è lecito sentirsi bene, vero? Non è mica peccato?
Io non sono nessuno, ma credo in una parola che da queste parti si dimentica troppo facilmente, la parola fratello.
Viaggi e studi, azione concreta, perché ci si può muovere, vero? Non dev’essere tutto inevitabilmente immobile?
Fratello e padre, perché ognuno è fratello e padre di se stesso e si diventa a vicenda gli uni con gli altri fratelli e padri, sorelle e madri, perché è lecito riconoscersi negli altri, vero? Non bisogna guardarli obbligatoriamente da un pulpito o una cattedra?
Quando morì, non feci in tempo a piangere: scoppiò la guerra, una delle tante guerre tra fratelli, perché siamo fratelli, vero? Persino i nemici possono essere fratelli?
Quando tornerete a casa, troverete i vostri bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del papa – il fiume freme, le torce si sollevano – date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del papa – la voce del mondo è un urlo gigantesco, un’onda che invade il ventre azzurro del cielo e tocca la faccia bianca della luna, la luna bambina che finalmente piange, perché qualcuno se n’è ricordato, perché la luna ha un cuore, anche se non ce l’hanno detto, perché perfino un papa ha un cuore, vero?