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90. Naufragio

Creato il 15 giugno 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su giugno 15, 2012

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Hai avuto paura: bastava un nulla per farle una carezza, spogliarla, accompagnarla fino al letto sospeso come i progetti e i sogni, insomma rovinare tutto, anche il romanzo che ti costa più fatica, ora che il lavoro è aumentato e le ore per dormire si sono ridotte quasi a zero. Sei sciupato, dimagrito: le signore delle gite si preoccupano, ti fanno da madri, ripetono a ogni pie’ sospinto mangi, si nutra, così finisce male. Ma a te non importa, vuoi arrivare alla fine della storia, anzi, ti sembra che siano le pagine che scrivi ogni giorno la tua alimentazione, l’apporto vitaminico, l’unico senso che riesci a dare, oggi, alla tua vita. La mattina, allo specchio, vedi le guance ormai scavate e t’immagini già vecchio, curvo sul computer a mettere insieme vicende e personaggi, a scavare dentro la memoria per trovare un’altra sensazione, un altro trauma, un desiderio che attende ancora di venire realizzato. Questo non ti salva da un amore eccessivo per ogni tipo di bellezza, anche quella di Marika, rimasta in piedi in attesa di un gesto o una parola che non tu fai e non dici, finché decidi – perché senti l’impulso di abbracciarla, stringerla a te con quanta forza hai in corpo, fino a farle male, come se l’assenza di Futura creasse un nucleo incandescente di energie che spingono per diventare bacio, amplesso, gemito, passione -,  finché decidi, dunque, di prenderle la mano, nel modo più innocente possibile, e proporle: andiamo a Notre-Dame? Perché proprio lì? Non lo sai, ti è venuto così, forse per combattere l’istinto carnale con un antidoto in grado di arginarlo. Hai parlato con Filippo, ne hai raccolto le confidenze come in confessione;  come puoi, ora, portargli via la donna che dovrebbe occupare il posto di Mattea? Marika non ha scelta e tu lo sai; sussurra: certo, come vuoi; e già siete in strada a camminare, camminare, finché siete nella piazza dove la gente indugia a frotte, in gruppi, turisti coi berretti tutti uguali, scolaresche vocianti e colorate, un uomo calvo che passeggia a gambe larghe, una donna vestita di scuro che legge un messaggio sul telefonino. E’ sotto il portale della Vergine che Marika comincia a parlare di ciò che non ti aspetti: una storia di crisi, dubbi, sul proprio corpo, sul rapporto col mondo; una vicenda di digiuni mascherati da diete radicali, di controlli ossessivi, di porte – ecco perché qui! – che si chiudono all’esterno per non costringere a ingerire la realtà, e ulcere, reni compromessi, emorragie. Sta raccontando tutto proprio a te, perché un romanzo assorbe sempre il rovescio delle cose, ciò che appare oltre la copertina rigida del libro, bello a vedersi, ma pieno di drammi e di contraddizioni, come quest’angolo dell’Ile-de-France che pare la superficie patinata di una cartolina per turisti e invece è il ricettacolo di sfoghi e di paure, il porto dove attraccano le imbarcazioni scampate per miracolo al naufragio.


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