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97. Da Yehochoua

Creato il 12 agosto 2011 da Fabry2010
97. Da Yehochoua

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E’ sempre meno rilassato negli hotel di lusso. Anche qui lo impressiona il fasto delle forme, l’arroganza delle dimensioni: è un mostro che allarga le fauci mostrando la lingua di piscina e la pappagorgia di aiuole incorniciate in marmo bianco. L’atrio è una vetrata dove s’ intrecciano nello stesso nastro l’angolo della colazione, la città sullo sfondo e il cielo di zaffiro. Si sorprende a non desiderare la camera da letto: cosa gli succede? O è Avigail che è cambiata? Legge un velo di tristezza negli occhi dello stesso azzurro della lingua del mostro.
- Cos’hai?
Il giovane ha un berretto scuro e una pipa tra le labbra.
- Niente.
All’orizzonte s’intravedono le case, i grattacieli, la schiuma del mare contro la battigia.
- Lo sento sulla pelle che hai qualcosa che non va.
I battelli sono pieni di bandiere, di gente che saluta sbracciandosi dal ponte.
- Cosa puoi sapere dell’inferno che mi sta bruciando?
La ragazza dai capelli rossi ha un sorriso da bambina.
- Avigail, le fiamme ustionano anche me.
Il ragazzo ha labbra grandi, un ciuffo minuscolo getta un’ombra sulla fronte altissima.
- Ho perso il controllo: qualcosa mi ha tolto sicurezza.
Uccisi entrambi (per difendere i pescatori avventuratisi al di là delle tre miglia?)
- Lo vedo. Sei ancora più bella, ma hai qualcosa d’inquietante.
Il mare è una calotta di fango, un cranio calvo, una palla di vetro che condanna a leggere il futuro.
- Aiutami, Ismail, non riesco più a trovarmi.
Due uomini trascinano una rete, la barca oscilla con un rumore assordante di ferraglie.
- Vorrei, Avigail, ma cosa posso fare?
La motovedetta è un grigio freddo e metallico che scruta.
- Ho bisogno di parlare, di sfogarmi.
I pesci guizzano: solo a quest’altezza si possono trovare.
- Dimmi, che è successo?
La corda consunta viene srotolata.
- Parlavo con Gad, abbiamo litigato.
La barca è piena di pesciolini dalla pancia bianca.
- Ti hanno messa da parte?
La motovedetta si avvicina.
- Volevano sganciarsi, fare a meno di me. Ho preso la pistola.
Comincia a mitragliare.
- E gli hai sparato.
Urla da uno scafo all’altro, in arabo e in ebraico.
- L’ho colpito al cuore.
I proiettili strisciano sull’acqua alzando ciuffi di schiuma, come quando, da ragazzi, si lanciano sassi al lungolago.
- Ora mi spiego molte cose.
I soldati sventagliano raffiche dal ponte.
- Si è accasciato con un grido soffocato.
I pescatori alzano le mani.
- E io che posso farti?
Supplicano i militari di fermarsi.
- Ho bisogno di parlare con qualcuno. Penso a lui.
La schiuma si alza come un’onda.
- Ho capito: vuoi andare da Yehochoua.



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