Magazine Pari Opportunità

A Bergamo, una interessante ricerca sulle coppie miste del comune.

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Il tema di cui parlerò oggi si lega solo parzialmente alle nostre tematiche “classiche”, ma la società italiana è caratterizzata da una sempre maggiore presenza di cittadini “stranieri” e le iniziative volte a combattere e prevenire fenomeni di razzismo vanno a braccetto con il nostro quotidiano impegno verso la rimozione del sessismo e dell’omofobia.

In questi ultimi giorni, ho avuto l’occasione di poter ascoltare una conferenza di Cecilia Edelstein, psicologa, terapeuta familiare, social worker (MSW), supervisor counselor e trainer counselor, mediatrice familiare, formatasi in Israele e in Italia, anche se nata e cresciuta in Argentina.

Con la collaborazione di molti giovani psicologi e studenti di psicologia, in quegli anni studenti presso il Centro Shinui, coordinati dalla dottoressa Sara Sandrini, ora psicologa, la dottoressa Edelstein ha curato una ricerca della quale ha fatto una presentazione alla conferenza. La stessa ricerca è stata pubblicata nel testo “Le trasformazioni dei Servizi sociali, nell’era dei flussi migratori” (Ed. Carrocci, 2011). Successivamente sarà pubblicato sulla rivista “Storie e geografie familiari”, un articolo che riguarderà solo le coppie miste, nel quale sono approfondite alcune tematiche che la Dottoressa Edelstein ha trattato nella sua conferenza.

Ringrazio moltissimo la dottoressa Edelstein che mi ha permesso di scrivere questo articolo per fare una sintesi della sua ricerca e dell’approfondimento ancora inedito e la dottoressa Sandrini per la sua disponibilità e per i dati utilizzati nella ricerca.

Il tema della conferenza era, dunque,  “La conflittualità nella coppia mista”.

Innanzitutto, occorre dare una definizione di “coppia mista”, specificando che essa è mutabile, variabile nel tempo, anche se ogni definizione data di volta in volta, ha come concetto comune la differenza culturale tra i membri della coppia.

Attualmente “coppia mista”  è una unione tra due individui che appartengono a contesti culturali e nazionali diversi di cui almeno uno dei due è stato coinvolto in un processo migratorio.

 Fino al 2009 le coppie miste in Italia sono state in grande e costante aumento. Dal 2009 in avanti questo aumento si è arrestato, anche se non c’è stato un calo significativo. La ragione la possiamo trovare nell’entrata in vigore di una legge che vieta il matrimonio con una persona che non sia in possesso di un permesso di soggiorno.

La maggior incidenza di coppie miste, si registra al Nord Italia, dove esse sono ben il 24% delle coppie.

La percentuale delle coppie composte da uomo italiano e donna straniera è del 7,2%, mentre le coppie nelle la donna è italiana e il marito straniero sono solo l’1,6% del totale nazionale.

La differenza è una ricchezza, ma nel quotidiano, nella vita di ogni giorno della coppia, c’è spesso bisogno di una mediazione. Si registrano, così, parecchi conflitti. Questi conflitti, tuttavia, ed è interessante notarlo, più che dalle diversità culturali intrinseche della coppia, nascono dall’ambiente sociale circostante alla coppia. Infatti, il componente della coppia mista che percepisce pregiudizi e stereotipi negativi sulla sua cultura di provenienza, sente di doversi difendere, di dover difendere la propria famiglia di origine, il suo popolo e sente anche la necessità di non deludere il partner. Anche il partner appartenente alla “cultura dominante”, ovvero quella legata al territorio nel quale si vive, sopporta tensioni, in caso di ambiente “ostile”. Se “si allea” con  il proprio partner, rischia di spezzare i suoi propri legami familiari e/o sociali. Se, viceversa, cerca si mediare, entra in ulteriori conflitti con il partner e con la sua famiglia di origine.

Molti sono gli stereotipi razziali che colpiscono le coppie miste e che concorrono a creare tensioni, ansie e atteggiamenti difensivi.

La ricerca della quale ho i risultati, è relativa al solo Comune di Bergamo, dunque non ha la pretesa di fotografare l’intera situazione italiana, ma è comunque uno spunto di riflessione interessante e indicativo di una certa realtà sociale italiana.

I dati sono stati tratti andando a studiare gli accessi ai Servizi Sociali del Comune, in quanto, in caso di conflittualità, sono proprio i Servizi Sociali che “prendono in carico” le diverse persone e le loro situazioni problematiche.

Come scrive la dottoressa Sandrini:

“La ricerca condotta dall’Associazione Shinui (fondata e presieduta dalla Dottoressa Edelstein) è di tipo esplorativo ed ha per oggetto i minori in carico nel 2008 ai Servizi Sociali del Comune di Bergamo, che siano stati o meno oggetto di provvedimento da parte del Tribunale Minorile di Brescia.

L’obiettivo era quello di consegnare alla Consulta per le politiche familiari del Comune di Bergamo (della quale l’Associazione fa parte) un documento che fotografasse la situazione dei Servizi, fornendo informazioni riguardo le caratteristiche degli utenti, le modalità di accesso, le richieste di aiuto, le motivazioni della presa in carico e gli interventi attuati, mettendo a confronto i dati riguardanti gli utenti italiani e quelli stranieri, allo scopo di verificare l’esistenza di particolari differenze e/o somiglianze.”.

All’interno delle famiglie di riferimento, sono stati creati tre gruppi:

 1) famiglie composte da due persone straniere

 2) famiglie composte da due Italiani

 3) Famiglie composte da una persona straniera (la moglie) e da una italiana (il marito). Ricordo che la percentuale di coppie miste con questa composizione è assai predominante rispetto a quella delle coppie nelle quali è la parte femminile ad essere italiana.

I motivi che inducono alla segnalazione e poi alla presa in carico sono diversi.

Nelle coppie formate da due Italiani, prevalgono segnalazioni che avvengono nell’ambito di separazioni giudiziali. In quelle formate da due stranieri, le segnalazioni arrivano prevalentemente dal Tribunale dei Minori, perché riguardano per lo più casi di maltrattamento di minori (segnalazioni che arrivano quasi sempre da persone estranee alla coppia). Una curiosità sulle segnalazioni nei riguardi delle coppie miste riguarda il fatto che spesso esse, quando riguardano i figli della coppia, giungono dai nonni.

I conflitti di solito iniziano a presentarsi quando la coppia mette al mondo dei figli.

Molti sono i nodi potenzialmente problematici. Ad esempio, anche la lingua con la quale rivolgersi e parlare ai bambini: che lingua parlo con i mie bambini? – si chiede spesso la madre – Parlare nella propria lingua comporta che gli altri non capiscano e laddove non si capisce quel che viene detto, possono nascere anche sospetti, dubbi sul contenuto dei messaggi. D’altra parte parlare in una lingua che non si padroneggia bene, che non è la propria, toglie incisività ed autorevolezza. Altri conflitti scaturiscono da questioni del quotidiano, come la gestione del denaro o della casa.

Ed ecco l’anticipazione interessante, dell’articolo di prossima pubblicazione.

La dottoressa Edelstein, parlando delle coppie miste, segnalate e prese in carico dai Servizi Sociali di Bergamo per violenze del marito italiano nei confronti della moglie straniera, ha provato ad individuarne i motivi.

Generalmente, anche confrontando i dati con altre ricerche svolte nel cosiddetto “primo mondo” o mondo occidentale (anzi, leggendo soprattutto le ricerche fatte all’estero, visto che in Italia non sono ancora così diffuse), ha potuto notare che l’uomo occidentale ha una visione riduttiva della donna straniera, anche dal punto di vista economico. L’uomo occidentale ha un sentimento di superiorità nei confronti della donna straniera (se essa proviene da una “cultura minoritaria”, da un Paese del c.d. “Terzo mondo”) e questa superiorità è legata sia al genere (il genere maschile viene visto come superiore rispetto a quello femminile), sia alla cultura. I concetti di “schiavitù”, “sottomissione”, “sfruttamento” e quindi violenza, serpeggiano in questo sentimento di superiorità che prova l’uomo occidentale nei confronti della moglie straniera (per ulteriori approfondimenti, bisogna aspettare che l’articolo con tutta la biografia di riferimento venga pubblicato. Sarà mia cura darne notizia, appena avverrà).

Nell’ambito della sua professionalità e della sua esperienza, la dottoressa Edelstein ha indicato, in breve, alcune risposte ai problemi emersi.

La base di ogni intervento deve essere l’educazione, bisogna diffondere cultura e sensibilizzazione. L’integrazione non coincide con l’assimilazione che è un processo dannoso. L’integrazione è reciproca, è un mutuo avvicinamento. Bisogna incontrarsi e parlare, dialogare, ascoltare.

Bisogna essere consapevoli che le persone stesse al loro interno sono molteplici, sono “identità miste”. Ragionando in questo modo, si potrà costruire una società pluralista e non normativa, laddove per la seconda si intende una società che individua “modelli ideali” ai quali adeguarsi, altrimenti si viene ignorati, o giudicati in modo negativo, o privati di diritti. Ad esempio, una società normativa, come la nostra individua un modello “ideale” di famiglia: eterosessuale, sposata. Le altre “famiglie” (omosessuali, con partner non sposati, ecc.) vengono giudicate meno “degne” di tutele e diritti.

Invece, in una società pluralista, non esiste un “modello ideale” di famiglia, esistono tante tipologie che si mettono una accanto all’altra, libere di dialogare e di confrontarsi alla pari.

Anche nel rapporto tra i generi sessuali, la base di tutto, per raggiungere rispetto e parità è, appunto, il dialogo e il “mettersi uno accanto all’altro”, sullo stesso piano, senza pregiudizi, liberi da stereotipi.

images

 



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :