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A Carnevale, gamberi!

Da Flavialtomonte

Tutta questa voglia di andare avanti.

A Carnevale, gamberi!

Siamo degli eterni gamberi. Per questo valiamo – e paghiamo – tanto. Siamo una specie destinata ad estinguersi tra macerie, onde o atterraggi. Paracadutismo per salvarsi dallo schianto. Si chiamerà così l’era degli uomini che, dopo aver offerto all’oggetto la capacità di volare, cercheranno di svolazzare nell’aria anche loro. I primi tentativi causeranno parecchie perdite, ma alla fine eccolo, l’uomo del nuovo millennio: il volatore.

Non mi meraviglierò se mio nipote mi dirà “vuoi venire a volare con me?” invece di invitarmi a “giocare”. I miei antenati giocavano al campanaro, la generazione futura dimenticherà campanili, campanari e campanacci e si avvicinerà al deltaplano.

Un velo di mistero in tutto questo c’è. Basta guardarli, ai primi mesi di vita mentre giocacchiano con le macchinine e gli aeroplani, senza averne visto realmente uno, senza conoscerne il nome. Ruotano attorno a sé stessi ed emettono il suono del motore. Neanche in televisione mandano il vero rumore di un aereo, al massimo dell’elica che gira. Loro invece pronunciano strani “grfugfrugfrufgru” di motore pronto al decollo, e simpatici “ueeemmm” che si dissolvono in curva. Si impegnano a roteare su se stessi dando forza all’oggetto che tengono tra le mani. Un oggetto, che non hanno mai visto così da vicino da conoscerne le abilità.

L’uomo del futuro riuscirà a volare.

Si svestirà dell’abito rosso e gamberesco per indossare il bianco del gabbiano sempre in volo, perché quest’anno finisce tutto, non è vero? Ecco perché indossano quelle tute ermetiche visibili ad occhio nudo, che pure l’occhio si vergogna a stare nudo per guardarlo, e cerca gli occhiali in 3D, graduati.

Un tempo eravamo molto impliciti, ricordo. Mai una parolaccia, né una bugia. Oggi tutto questo ci piace, e allora ci esplicitiamo, sprizziamo esplicità da tutti i pori. Con quale destrezza! Esplicitiamo tutti in coro, chi lo scrive, chi lo appella, chi lo critica, chi lo conduce, chi lo canta, chi lo recita. E diviene accattivante. Accattivante. Non per niente quando una cosa attrae viene definita “accattivante”, perché coinvolge, perché interessa, perché stimola qualcosa nell’uomo, qualcosa che accattiva, che è cattiva.

“E così anche quest’anno ti travesti da gambero?”
“Sì, e non mi riesce neanche difficile. Mi faccio ricucire il vecchio vestito da mia nonna e finisce lì.”
“Bravo, fai bene. Bisogna sempre andare a passo coi tempi.”
“Beh si, anche se non sempre i passi coincidono. Lo scorso anno io andavo avanti, e il mio compagno di maschera, era cento passi più dietro. È una situazione sempre più difficile da gestire.”

 


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