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A casa di nonna.

Da Suster
Suster e pupa sono a casa della nonna. Materna, ossia mia madre.
Ecco cosa annotare sulla casa della nonna: casa della nonna sta prendendo incontestabilmente l'aspetto di una tipica "casa della nonna", abbandonando piano piano il suo ruolo che per anni è stato quello di "casa mia".
Casa di nonna è sempre pulita come non lo è mai stato quando la frequentavamo noi cinque, da giovanissimi. Il pavimento ha l'aspetto di un pavimento che viene calpestato pochissimo, le finestre hanno tendine di pizzo lavorate all'uncinetto da esperte e anziane mani sarde fraterne (sorerne non si dice, ve'?) e poi spedite oltremare a rifinir finestre ornate di vasi di gerani e petunie. Proprio finestre da nonna.
Casa di nonna, sebbene sia sempre piuttosto a posto, è straripante di ogni sorta di oggetti abbastanza superflui accumulati nel corso di più di una vita, che qui si sono concentrate accavallandosi per diversi anni, accumulando ricordi di vacanze passate assieme, lavoretti infantili per Natale e Pasqua  (Natali e Pasque per diverse generazioni di figli, ma più o meno sempre gli stessi lavoretti), e foto di bambini di tutte le età, infine di bambini cresciuti che non abitano più qui, e che hanno a loro volta bambini, o che vivono lontani e tornano una volta o due l'anno, o che vivono qui, ma ci passano pochissime ore al giorno, e anche quando ci sono non li senti e li vedi poco, perché sono in camera a studiare o a lavorare al computer.
Niente più calci al pallone in casa che vanno a rovesciare suppellettili ornamentali dal valore più affettivo che monetario; niente più briciole di biscotti sui cuscini del divano (anche se ogni tanto sì), niente più urla selvagge alla Tarzan provenienti da sopra, sotto, fuori, dentro; niente più bagni allagati, capanne di cuscini, impronte di scarpe sui muri, calzini sudici agli angoli delle stanze, pennarelli senza tappo con la punta secca, gatti liberi di razzolare su tavoli e fornelli, foglie martoriate del filodendro, intrugli col cibo, gavettoni esplosi in casa, scie di piedi luridi, pozze d'acqua e vestiti fradici sparsi in giro, creazioni artistiche realizzate con banane e creckers, merendine nascoste nello sgabello del bagno, sbattimento di porte e finestre, giocattoli malridotti lasciati ovunque, zaini buttati sotto gli sgabelli o sempre in mezzo ai piedi di chi cammina, asciugamani appallottolati nel bidet dopo esser stati usati una volta.
Ok, niente nostalgia, ma tante, troppe foto alle pareti stanno a ricordare quanta gente ha intrecciato in questa casa tanti anni della propria vita. Le assenze si sono colmate, o meglio, si sono cauterizzate. E al posto lasciato vacante, sempre qualcosa di nuovo: cuscini, vasi, un poco di tecnologia, senza esagerare.
Qualcosa è cambiato, ma gli sgabelli sono sempre quelli lì, da 20 anni o forse anche 30, quelli di legno a incastro, orgoglio del padre di famiglia. E il tavolo, che con le sue cornici concentriche di essenze differenti aggiunte in successione negli anni, sta a testimoniare la crescita della famiglia, che necessitava sempre di ampliare la disponibilità di posti a tavola. E la credenza del bisnonno, con i 40 e più volumi della Treccani. E lo stile naif dell'arredamento di mia madre.
La casa di nonna ha un piccolo giardino traboccante vegetazione e fiori, infestato da zanzare e formiche, un piccolo seminterrato adibito a spazio personale della nonna, dalle pareti completamente occupate da librerie stracolme di libri. Che lei ha letto. Dal primo all'ultimo. E poi lettere, infilate in portacarte e scatole colorate, album fotografici, ritagli di stoffa, materiali da lavoro di ogni tipo, un piccolo organo elettrico scordato rimediato da chissà dove, un assortimento improbabile di sedie provenienti da differenti e scompagnati disimpegni di appartamenti sgomberati, lasciati da amici, parenti o altro.
La casa della nonna trabocca vita passata, e accusa anche un poco il tempo, malgrado i soli 20 anni di vita. La caldaia fa le bizze e nessuno ha voglia o tempo per occuparsene. Gli infissi alle finestre necessiterebbero di essere cambiati, rosi dalle tarme e dalle intemperie (Ah, un tempo le case si facevano per durare! Direi qui se solo avessi almeno il doppio della mia età).
A casa di nonna il frigo è sempre pieno di troppa roba avanzata da finire, del giorno prima e di quello prima ancora. Ah, e poi della cena di quello ancora prima. E la nonna continua a sfornare comunque pizze e rustici, anche se ormai non deve cucinare più per 7 persone ma per 3 o 4 al massimo, e continua a fare la spesa all'ingrosso, comprando pacchi su pacchi di biscottame e casse di latte a coppie di 12. E continua a comprare shampoo e dentifricio della peggior qualità, per risparmiare, anche se potrebbe comprare solo due tubetti anziché 5 e optare per quelli un po' meno orridi come sapore e consistenza... ma vabbé.
A casa di nonna ci sono stanze in cui non dorme più nessuno, dove le serrande non vengono aperte quasi mai. E ci sono stanze con ampie scrivanie a cui non si siede più nessuno, e scaffali pieni di giochi con cui (bisogna che lo dica?) più nessuno gioca da anni, e libri che ormai non interessa leggere più a nessuno, perché già sono stati letti, e qualcuno lo si conosce pure a memoria, e sono quelli più devastati, con le pagine incollate con lo scotch e tutti scarabocchiati.
Questa è ormai una casa di nonna.
E pazienza se la caldaia non funziona e bisogna lavare la pupa nel lavandino a pezzi, mentre lei esclama allarmata "Ahi-ahi" a sentirsi arrivare sul corpo getti d'acqua alternativamente bollenti e gelati.
E pazienza anche se non siamo riusciti a montare il terribile lettino di ferro generosamente offerto da mia zia, che però si è scordata di dirci che era rotto da un lato, e che mancavano le viti e i bulloni, e che quindi montarlo non sarebbe stato mai possibile, motivo per cui la pupa l'abbiamo messa a dormire per terra, sul suo materassino home-made dall'amorevole nonna, in quella che fu "camera di mamma adolescente" e che mi piace pensare possa diventare in un futuro neanche troppo lontano la camera di lei quando verrà a trovare la nonna, dove conserverà i diari segreti nei cassetti della scrivania che un tempo ospitò dizionari di greco antico e studi matti e disperatissimi, ed erediterà le mie ingenue collezioni di gatti e pecore, e attaccherà i suoi poster, e inventerà i suoi giochi.
Per la pupa questi odori, questi bizzarri assortimenti, queste luci e queste penombre pomeridiane, quando si abbassano le persiane per non lasciar entrare la luce forte e, con lei, il caldo estivo, rimarranno eternamente associati al concetto di "casa di nonna", e questo mi piace.
Con lei che scorrazza gattoni sul vialetto del giardino, tra zanzare e formiche, me ne sto seduta culo a terra sulla ghiaia, a vederla raccogliere sassolini che fa il gesto di portare alla bocca, ma che poi, ricordandosi di non doverlo fare, agita nella mano, nella mano che fa "no", andando veloce da destra a sinistra, facendolo finire infine nel vasetto dei sassi, alternativa alla cavità orale offerta con successo dalla mamma.
Soddisfatta dei nostri piccoli successi, le sto dietro mentre si allena, su e giù per la rampa di scale (quattro) che portano all'uscio di casa. Giù e poi di nuovo su. Avanti e indietro, accovacciata e poi in piedi, tenendosi alla mamma e poi da sola, alla ringhiera.
Mi piace sentirla chiamare "Nenne!" e veder arrivare mia madre felicissima di sentirsi così apostrofare, con una fantasiosa variazione sul tema nonna.
Mi piace vederla gattonare entusiasta lanciando acuti mugolii di gioia che le fanno da colonna sonora mentre, ciaf-ciaf, la sento allontanarsi da me nel modo più rumoroso è possibile per andare a scovare la nonna in cucina, indaffarata con le sue pizze e i suoi rustici, perennemente in attività, e poi sentirle ridere da dietro la parete una volta che la nonna è stata "sorpresa" da una nipotina dal passo più che felpato che le è arrivata "senza preavviso alcuno" da dietro.
Mi piace vederla entusiasmarsi per il grosso gatto disegnato sulla parete delle scale da una me tredicenne, puntare il dito raggiante e dire "Ga!"; così come mi diverte vederla impegnatissima ad individuare e comunicarci l'esistenza dell'infinità di bestie assortite che affollano la casa sotto le forme più strane: ciotole con sembianza di papere, galline portaoggetti, giraffe ornamentali senza alcuna velleità utilitaristica, presine a forma di ranocchie e via dicendo, tutti oggetti a cui il nostro occhio assuefatto non presta più ormai la minima rilevanza, ma che non sfuggono al suo, attentissimo a cogliere il benché minimo particolare di ogni angolo, di ogni stanza, di ogni palmo di pavimento.
Mi piace pensare a lei qui, negli anni a venire, a immaginare un passato che non le appartiene ma che fa parte delle sue radici, a scoprire racconti familiari che ormai saranno diventati quasi leggende, a ispezionare fotografie sbiadite cercando i tratti di volti noti e facendo congetture su quelli non noti.
Le case hanno questo potere, di rappresentare la continuità, l'unità, la storia. Raccolgono tracce, conservano cimeli, perpetuano i ricordi.
E' questo è vero soprattutto per le case delle nonne.
FOTODOCUMENTARIO NOTTURNO DI CASA DELLA NONNA:

A casa di nonna.

Decorazione murale della zona "scale".

A casa di nonna.

Esempio di arredamento naif nonnesco.


A casa di nonna.

Ulteriore esempio di arredamento naif nonnesco.


A casa di nonna.

L'antro della nonna con veduta a volo d'uccello.


A casa di nonna.

Lettino sòla rifilato da mia zia.


A casa di nonna.

Esempio di tipico assortimento mobiliare nonnesco.


A casa di nonna.

Antro della nonna: organo e libreria.


A casa di nonna.

La povera pupa nel suo "letto" di fortuna.



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