È qui che bisogna intervenire: come possono decidere del futuro di un paese 80enni che, quando va male, sono collusi e indagati (o condannati in via definitiva, come nel caso di Bossi)? La grande riforma costituzionale del Parlamento italiano dovrebbe essere il divieto (quanto meno) ai condannati in terzo grado di avere l'onore di essere chiamati "candidati" (dal latino candidatus, aggettivo partecipiale che sta per "vestito di bianco", con riferimento alla toga di seta bianca indossata dagli aspiranti ad una carica dello Stato, indicante pudica e onesta moralità) e "onorevoli". Perchè loro se ne fregano. Basti pensare che per le amministrative napoletane prossime venture il Pdl presenta un candidato sotto processo (Gianni Lettieri, truffa) e il Pd un indagato (Mario Morcone, appalti). E del resto, al momento attuale nel nostro parlamento (la iniziale minuscola è voluta) SI CONTANO NOVANTAQUATTRO tra inquisiti e condannati in primo, secondo o terzo grado, trasversali ai partiti ed equamente distribuiti fra Camera e Senato (qui trovate "la lista dei ricercati").
Il "libro-denuncia" di Travaglio&Gomez, uscito nel 2006. Cos'è cambiato in 5 anni?
A cosa serve, dinanzi a ciò, essere giovani? Se una rivoluzione morale non investe la dirigenza politica del nostro martoriato Paese, a niente. E questi malviventi continueranno a stare lì fino agli 80 anni, andando in pensione a 50, a 45, dopo pochi anni di contributi. Ne bastano 5 con i culi deformi incollati sui seggi per avere accesso a una pensione che superi i 3 mila euro. Una grande inchiesta dell'Espresso ha calcolato che gli ex-parlamentari che hanno acquisito il diritto alla "pensione d'oro" superano i 2 mila: 1377 ex-deputati e 861 ex-senatori, elenco (qui lo trovate completo) nel quale non sono compresi gli oltre mille vitalizi di reversibilità pagati ai familiari dei parlamentari scomparsi.