Due cose mi chiede vostra signoria: la prima, a cosa sia utile la poesia nel mondo, e la seconda se piaccia di più il racconto di una storia felice, o uno che faccia piangere o spaventi. Risponderò brevemente come è mia abitudine..
Alla prima domanda, posta così in generale, non so cosa risponderle, lei dovrebbe specificare se intende l’utile di chi la esercita, o l’utile degli ascoltatori.
A chi la esercita essa è utilissima. Non rida: io so che lei dirà che tutti i poeti sembrano essere una categoria di gente in perenne disgrazia della fortuna.
Il modo in cui vestono, quello come si comportano quando sono in compagnia, dimostrano che non sono benestanti; e se lei volesse giudicarli dall’aspetto esteriore secondo i criteri coi quali la società giudica le persone di successo, essi sono le persone più infelici che vivano su questa terra: ma la vera quiete è quella interiore, non quella che ci proviene dalle cose esterne. Potrà mai, lei o un altro, affermare che non sia felicità il trovarsi in una mansardina con i vetri rotti, qualche crepa sui muri, e tante zanzare attorno, ed essere trasportato dalla fantasia in modo che sembri al poeta di essere in un solitario boschetto di alberi frondosi, sopra i quali dolcemente cantino gli usignoli e fra le cui fronde spirino con grato mormorio soavi venticelli? Chi potrà dire che un poeta sia povero se, quando vuole, ha il capo in campi ricchissimi, in verdi prati, attorniato dagli armenti, ai quali parla come a cose sue, e li tosa quando vuole e ne trae panni e fa panni? Gli altri uomini si devono contentare di quelle donne che trovano: siano pure non belle ed abbiano mille difetti, il poeta se le crea come vuole, bionde, brune, con gli occhi celesti come Minerva o neri come Giunone, capelli d’oro, denti di avorio, mani affusolate e, insomma, con tutte quelle perfezioni che può mettervi un pittore o uno scultore.
Ma queste sono pazzie! D’accordo, ma quali cose non sono pazzie nel mondo? Chi non si nutre di fantasie? Chi non fa castelli in aria? Chi non vive di ombre e di speranze? Questa è l’utilità particolare del poeta.
Quelli che lo ascoltano o leggono le sue poesie, veramente non saprei dire quale utile ne traggano, se non quello di passare il tempo; ma ciò è accaduto perché la poesia si è impiegata in un modo che non si doveva. Essa è nata per dar diletto, e certi Catoni hanno voluto che fosse nata per arrecare utile; così c’è chi l’ha fatta diventare maestra di filosofia, chi di teologia, chi di agricoltura; ed essa di volta in volta andò vestita col mantello, con la toga cattedratica, o con la gonna da contadina.
Al tempo delle sue origini essa era uno sfogo del cuore allegro, si cominciò a ballare e a cantare per ridere; e così avrebbe dovuto rimanere. Io non entrerò ora a dire di tutti i viaggi che fece, né quando cantò gli eroi, né quando imitò sulla scena i personaggi grandi o i minori, perchè la cosa sarebbe troppo lunga tanto per lei, quanto per me; ma dico solo che se qualche utile essa potesse mai fare agli ascoltatori, ciò sarebbe sulle piazze pubbliche, entrando nelle orecchie del popolo. Vostra signoria avrà notato più volte quante persone stiano a bocca aperta ad ascoltare un imbonitore che con alle spalle un qualche quadro o piuttosto imbratto con figurette dipinte, presa in mano la chitarra, al rauco suono di quella, con voce ancor più rauca, canta di qualche strano innamoramento e caso fantastico.
Supponga allora e conceda che un giovanotto con voce bella e intonata, accompagnato da buona musica, canti una storia bene ordita, con stile scelto e con una buona morale che l’accompagni e di quando in quando con gusto squisito rinnovasse le sue storie, non crede lei che questa sarebbe una buona scuola per gli animi delle persone incolte? E non pensa che essa sarebbe grandemente frequentata? In altro modo io non saprei quale altra utilità si potesse trarre dalla poesia a pro degli uomini. Tutto ciò sia detto per una via di dire e non altro.
Alla seconda domanda rispondo che piace di più una storia che faccia spavento, di una che rallegri a vederla. Noi abbiamo in noi stessi un amore fitto e abbarbicato della nostra persona, che ci fa sempre pensare ai casi nostri in ogni occasione. Immagini dunque vostra signoria una pittura, in cui sia rappresentato un uomo che con un volto benefico distribuisca molto oro ad alcuni che gli stanno vicini; ovvero una bellissima pastorella che stenda affettuosamente la mano ad un pastore giovanetto: dall’altro lato immagini una statua di Laocoonte avviluppato dai due serpenti usciti del mare. Nel primo caso il piacere che sente chi osserva le figure rappresentate, verrà intorbidato da un pensiero segreto e quasi non inteso di non essere lui il beneficato dall’uomo liberale o dalla graziosa pastorella: e nel secondo caso l’orrore di vedere quell’atto tragico, verrà compensato da un inconscio piacere di essere libero da quella disgrazia, e questo è più durevole.”
Gaspare Gozzi
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