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A Dublino

Creato il 16 dicembre 2010 da Luci

 

A Dublino

Foto: Flickr

 

Il viaggio fra Sligo e Dublino è stato lungo ma bello, credo di aver capito come mai in Irlanda piove sempre o per lo meno il cielo è coperto. Credo che se avessi visto i paesaggi che ho incontrato col cielo sereno mi si sarebbe dissolto il cuore. E' una specie di protezione che la natura offre agli esseri umani per non lasciarsi struggere dall’Irlanda.

Terry, l’autista “capo” del gruppo di autisti che ci ha scorrazzato in questi due giorni è un luogo comune. Irlandese, pelle chiarissima, occhi chiari, rossiccio, cinque figli e dodici nipoti, cattolico manco a dirlo.

E incarna anche un’altra caratteristica generale degli irlandesi: è gentilissimo. Ci tiene a farti vedere tante cose, a spiegare i posti della sua terra, a raccontare cosa succedeva in ogni angolo di prateria coperta dalla nebbia.

Doveva semplicemente portarci da Sligo a Dublino, tre ore di macchina che poi si sarebbe sorbito anche al ritorno, ma ci ha portato a vedere la tomba di yeats alle pendici del ben bulben, poi ha preso una strada di collina, che pareva non portasse in nessun luogo, a sinistra e a destra solo pecore, con un punto verde quelle di un campo, rosa quelle del campo accanto.

A un certo punto la strada si è aperta e i miei occhi con lei.

All’orizzonte un lago, meraviglioso, sul lago delle isole più grandi e più piccole.

“E' lì, sull’isola più piccola che quasi non si vede, che Yeats scriveva poesie, si chiama Innisfree”…

” Io voglio alzarmi e andare ora, andare a Innisfree,
e lì costruire una piccola capanna, fatta d’argilla e graticcio:
lì voglio avere nove filari a fave e arnie per api da miele,
e vivere solo in una radura rumorosa d’api.

E avrò un po’ di pace laggiù, perché la pace viene giù piano, goccia a goccia,
stillando dai veli del mattino dove canta il grillo;
a mezzanotte lì è tutto un luccichio, e al pomeriggio un ardore purpureo
e la sera è piena d’ali di fanello.

Io voglio alzarmi e andare adesso, perché notte e giorno
Io sento l’acqua del lago superare con suoni sommessi la sponda;
quando sono in mezzo alla carreggiata, o sui selciati grigi,
io la sento nel profondo del cuore.”

L’isola del lago di Innisfree, W. B. Yeats

poi ci ha rimesso in macchina e siamo ripartiti. Ci ha portato in una specie di santuario all’aperto, era il posto dove i cattolici irlandesi, prima dell’indipendenza, andavano di nascosto a pregare.

Fa impressione sentire la storia di gente che si ritrova nel mezzo di un bosco per pregare insieme lo stesso dio di chi li cerca col fucile spianato.

Adesso quel santuario è un posto rovinato dalla passione kitsch della cattolicità, madonne benedicenti, statue di sacre famiglie degne di san giovanni rotondo, rosari appesi ai rami degli alberi.

Ma a volte nemmeno il cattivo gusto riesce a togliere la poesia di un bosco, un fiumiciattolo e il ricordo della storia, che va avanti, fucili spianati o meno, va avanti.

Il kitsch ci segue fino a destinazione: cartelli ai rami degli alberi con scritto “please, pray the rosary every day” campeggiano lungo l’autostrada e il gesù degli automobilisti che assomiglia tanto al gesù compagnone del film dogma benedice i passanti nel viale principale di dublino.

A Dublino è notte, sono stanca ma curiosa, l’albergo è in temple bar, la neustadt di dublino, mi viene da sorridere quando lo penso, ma è vero, un pochino gli somiglia.

Ci sono ragazzi che cantano agli angoli di strada, ragazze con le gonne corte e i polpacci grandi, facce troppo larghe per degli occhi troppo piccoli o viceversa.

Entro in un paio di supermercati per cercare biscotti irlandesi da portare a Lucca per natale, senza successo: sono tutti butter cookies scozzesi. ora, dico io, ma uno che ci va a fare a dublino se trova solo biscotti scozzesi?

Passeggio sotto il grande ago alla cui base brilla un albero di natale gigante, e fotografo la scritta luminosa “Baile Àtha Cliath” che immagino voglia dire “buon natale” ma potrebbe anche essere “berlusconi pezzo di merda” come saperlo?

Alla fine ci si arrende, sono con un collega, mariozico, e cerchiamo un ristorante.

Io voglio le ostriche e lui vuole un panino…

non sarà facile.

Alla fine entriamo dentro un ristorante bellissimo, irlandese fino nel midollo, in temple bar.

Niente ostriche ma salmone e makrel… non va male. ordino una pinta di Murphy’s e mi gusto la cena.

l’Irish coffee finisce in bellezza la serata, poi, traballante ma felice, sono crollata nel letto.

e stamani si torna a casa.

 


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