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A #Lampedusa Odyssey

Creato il 05 marzo 2015 da Chiamateismaele @ChiamateIsmaele
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Immigrati tunisini cercano di scappare dal Centro di accoglienza, una volta scoperto che saranno rimpatriati. Dal 5 Aprile 2013, il Governo italiano ha rimpatriato 3.385 tunisini. Ph. Alessia Capasso © 2013

Trentacinque gradi più a sud di Tunisi e Algeri, Lampedusa è una piccolissima isola che molti migranti sognano come la porta d’Europa. Ma cosa comporta questo sogno?

Alessia Capasso, fotogiornalista e documentarista, ci mostra volti e corpi di chi è approdato sulle coste dell’isola per fuggire dalla repressione dei propri paesi, mettendo a rischio la propria vita per poi imbattersi in Frontex. La fotografia è un’arte limitata ma ha il potere di fermare il tempo in un dato momento e creare memoria storica. Abbiamo incontrato Alessia in uno dei peggiori bar di Bruxelles.

Perché hai deciso di realizzare Lampedusa Odyssey«Sono originaria di Lampedusa; ma era il luogo dell’estate, dei ricordi, dell’adolescenza. L’arrivo dei migranti è rimasto per anni sullo sfondo delle mie vacanze. Nell’aprile 2011 una persona mi suggerì di andare sull’isola perché piena di giornalisti e contatti. Arrivai che quasi tutti stavano partendo e ci sono rimasta per circa due mesi. Ho visto centinaia di volti passarmi davanti. Storie forti, drammi, ma anche momenti di speranza, di riscatto, di ribellione. Il legame personale con l’isola mi ha un po’ “costretta” a proseguire Lampedusa Odyssey. Oggi lo considero un work in progress, che non so dove andrà a finire.»

Chi sono i soggetti del tuo progetto? «Sicuramente i migranti sono al centro del lavoro. Persone dell’Africa Subsahariana in fuga dalla guerra in Libia e tunisini nel 2011, mentre nel 2013 si trattava soprattutto di eritrei e siriani. I primi tempi seguivo ogni giorno gli sbarchi: l’arrivo in porto, una fase di primo soccorso, il centro di accoglienza, la partenza. In nave per chi era diretto in Italia, in aereo per i tunisini rimpatriati. Una dinamica che si ripeteva quasi quotidianamente in modo standardizzato, salvo quando [le agenzie di stampa, n.d.r.] mi chiedevano immagini di politici e personalità di vario genere che venivano a fare la passerella sull’isola. Quando sono tornata nel 2013 mi sono concentrata di più sulle relazioni tra chi parte e chi rimane: isolani, forze dell’ordine, giornalisti. Non è un progetto nel senso stretto del termine perché non decido a tavolino. L’interesse si sposta a seconda di quello che sento. Sicuramente adesso sono meno interessata alla news in senso stretto, evito le passerelle e sono concentrata a documentare segni e storie meno estemporanee.»

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Il costo del trasporto via nave, dalla Libia all’Italia, varia dai 500 ai 2000 dollari. Ph. Alessia Capasso © 2013

Frontex può essere considerato un sistema repressivo per i migranti? «Frontex è un sistema di protezione delle frontiere. Chiudere le frontiere significa aumentare i costi di viaggio e i pericoli per i migranti, mettendo a rischio la loro incolumità. Una volta entrate, le persone incontrano un sistema mediatico-istituzionale che li discrimina e li criminalizza a prescindere, con alcune differenze a seconda del Paese di ingresso o di permanenza, ma la sostanza non cambia. Direi che Frontex è solo una delle tante barriere che una persona affronta nel momento in cui decide di migrare in Europa. Di certo la peggiore dal punto di vista della sopravvivenza.»

A chi serve chiudere le frontiere? «Una parte delle recenti inchieste di Mafia Capitale ha permesso di aprire un vaso  di pandora, almeno in Italia. Penso all’ormai celebre frase: si guadagna più con i migranti che con la droga. È evidente che chiudere le frontiere significa incrementare i profitti per la criminalità. Non solo per i famosi “scafisti”, che sono solo un piccolo anello di un meccanismo più ampio. Criminali sono quei soggetti (istituzionali, privati e pubblici) che gestiscono la cosiddetta “accoglienza”, mangiando sulla pelle di persone in difficoltà. In Italia ci sono decine di esempi, di solito sotto le spoglie di cooperative dedite ufficialmente all’accoglienza, alla solidarietà, all’integrazione. Parole diventate vuote, dato il business su cui basano la propria attività. All’estero, ad esempio in Inghilterra, si tratta di aziende private che solitamente si occupano di sicurezza. Non mi fermerei qui. Criminali sono i datori di lavoro che approfittano delle condizioni di disagio dei migranti per imporre salari e condizioni di lavoro misere e ingiuste. Criminali, per me, sono i soggetti politici che distorcono di proposito la realtà, inducendo a sovrapporre il migrante col criminale o, addirittura, col privilegiato, come ha fatto di recente la Lega

Il progetto Lampedusa Odyssey è stato proiettato domenica 1 Marzo al Beating Sunday di Bruxelles e sarà ripresentato il 7 Marzo, dalle ore 19, alle gallerie “Saint-Hubert” di Bruxelles, all’interno del programma OFF del Museum Night Fever 2015.

Puoi trovare Alessia Capasso su:
alessiacapasso.wordpress.com

Di Roberto Raneri



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