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A Parma il centrodestra guarda avanti, a Cremona guarda indietro. Recuperando aree dismesse si possono realizzare progetti di valore internazionale

Creato il 26 ottobre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Resoconto di una notte differente nella quale, tra errori di valutazione, ingenuità e punti oscuri, abbiamo toccato con mano le potenzialità della cultura quando viene adattata, con passione, a degli spazi in disuso. Siamo a Parma, allo STU Pasubio, quartiere simbolo di una certa politica corrotta e incosciente. Ma potremmo essere ovunque.

A Parma il centrodestra guarda avanti, a Cremona guarda indietro. Recuperando aree dismesse si possono realizzare progetti di valore internazionalePer esempio a Cremona, proseguiamo prendendo il la dal gradevole lacerto (brano, ndr.) di prosa di Alessandro Marzocchi, che gli amministratori del Comune di Cremona potrebbero leggere in versione origianale (cliccando qui). Pare che Alessandro Marzocchi si sia riferito ad alcuni modelli segnalati anche qui, in questo blog. Artribune ha più peso, fortunatamente.

Che è successo a Parma? Uno spicchio dell’articolo. A Parma il centrodestra guarda avanti, a Cremona guarda indietro. Recuperando aree dismesse si possono realizzare progetti di valore internazionale

Ed è così che a fine settembre Parma viene catapultata, finalmente, in una dimensione che sa di internazionalità. Dodici ore di performance, esposizioni, laboratori, dj set, concerti e convegni; un’affluenza di circa 4mila persone, il centro della città che per una volta all’anno si sposta in spazi inusuali, gente soddisfatta, commenti entusiasti. La Filarmonica del Teatro Arturo Toscanini vicino ai Mushrooms Project, il Teatro Lenz eSandu Nagy, i Beat per FrameInvernomuto e il Centro Internazionale Danza, in quello che per una volta non è sembrato solamente un contenitore vuoto con la gente giusta, ma una specie di laboratorio atto a testare i meccanismi e le reazioni della città di fronte alle innovazioni culturali.

Quando facciamo proposto non ci aspettiamo affatto un grazie né un “Sì, non vedevamo l’ora!”, perché sappiamo bene com’è morente e incapace di visioni lungimiranti Cremona, e come gli amministratori non ascoltino per niente i cittadini (il caso della gestione dell’acqua è la prova più lampante: 360mila abitanti per colpa di Salini, Perri, Denti, fra qualche anno capiranno dalla bolletta dell’acqua che cosa significa “società mista”, così “cattiva gestione delle aziende pubbliche” ha un significato orribile). Agli uffici giusti hanno accesso i soliti faccendieri locali. Bravi. Loro sì che conoscono le vie giuste. Ma con quali risultati? Cremona langue. Vogliamo solo mostrare che in altre città, anche vicine, si fanno altre scelte.

A Parma il centrodestra guarda avanti, a Cremona guarda indietro. Recuperando aree dismesse si possono realizzare progetti di valore internazionaleOcchieggiando casualissimente al caso di Parma però viene da sorridere. Perché a Parma sì e a Cremona no? Perché si può innovare a Parma, da parte di una giunta di centrodestra, riutilizzando aree dismesse, e a Cremona no, a Cremona bisogna cementificare e basta come nel caso del City Hub? Non credo affatto che il Comune di Cremona disponga di una autonomia decisionale. E’ diretto con evidenza da poteri esterni. Chi non l’ha capito? Gli stessi amministratori sono stati nominati in base alla loro sudditanza a un progetto che ha sequestrato il Comune, vietando la partecipazione e l’ascolto dei cittadini, ma la giunta Perri dà per nulla nuova vita alla città. Siamo sempre al punto di prima. Alla cultura borghese, alla coltivazione dei piccoli e grandi interessi locali, al dominio dei notabili.

Non c’è da rallegrarsi. Non si fa il tifo perché il Comune vada male, dato che ci rimettiamo tutti. Neanche importa che vinca il centrosinistra alle prossime elezioni comunali e provinciali, se poi amministra con la stessa chiusura mentale, morendo di gestione dei musei e di passatismo (è la malattia di un certo tipo di amministratori che non amiamo frequentare).

Ma quando gli assessori Jane Alquati e Irene Nicoletta De Bona o gli altri du coté de Perri non si accorgono, o fanno finta di non accorgersi che quanto proponevano è stato realizzato anche a Parma, non intono l’ingemisco. Qui viene da sorridere.

Il sindaco Perri ci ha dichiarato numerose volte che vorrebbe fare qualcosa per dare opportunità di lavoro ai giovani. Bene, alle buone intenzioni si può credere. Qui qualche proposta relativa a realtà esistenti, non a utopie, è stata fatta. Non piace? Realizzate qualcos’altro. Non va bene niente? Bisogna solo asfaltare, cementificare e inquinare, far lavorare le solite cooperative per fare sempre le stesse cose? Solo violini e torroni ed eventi culturali che il giorno dopo non lasciano traccia, consumistici? Vuoti di prospettive, slegati da opportunità di lavoro che si possono creare anche a partire dalla cultura, come succede anche in Italia? Vi glorierete forse di portare gli anziani al museo per aumentare le presenze come faceva Gian Carlo Corada? E i cittadini che se ne fanno delle vostre statistiche?

Ecco l’articolo di Artribune per intero:

L’onda lunga dell’evento non si è esaurita nemmeno a distanza di giorni. Se ne è parlato sui giornali e sui social network, sono stati fatti dei confronti (ma davvero stiamo ancora parlando di Berlino?), si è criticato, esaltato, ci si è indignati. Adesso, comprese le potenzialità del progetto e valutati rischi e limiti, ci sembra doveroso affrontare la questione da un punto di vista più ampio, per comprendere al meglio quali siano stati gli elementi messi in campo dalla manifestazione Lights/out Pasubio.

Un caso legato a una piccola città provinciale che potrebbe essere applicato, a forma di dibattito, a qualsiasi realtà urbana. Non male per una città la cui massima aspirazione culturale è quella di un festival di musica lirica dedicato a un maestro dell’Ottocento. Ma di che si parla esattamente?
Succede che a Parma un’amministrazione di centro-destra decida di creare un nuovo quartiere residenziale in una zona degradata della città. Succede poi che questa lungimirante amministrazione venga indagata per corruzione e sia costretta ad abbandonare gli scranni. E succede quindi che questo quartiere innovativo e rivoluzionario venga abbandonato a se stesso, torni il degrado, e gli spazi restino inutilizzati.

Succede, infine, che un gruppo di persone (l’Ordine degli Architetti della Provincia di Parma e la Fondazione Architetti di Parma e Piacenza) decida, in seguito a una serie di incontri avvenuti nel corso del 2012 (Festival dell’Architettura, workshop internazionali), di organizzare una manifestazione di dodici ore in questi spazi poco sfruttati per catalizzare l’attenzione su questa particolare situazione architettonica.
Ed è così che a fine settembre Parma viene catapultata, finalmente, in una dimensione che sa di internazionalità. Dodici ore di performance, esposizioni, laboratori, dj set, concerti e convegni; un’affluenza di circa 4mila persone, il centro della città che per una volta all’anno si sposta in spazi inusuali, gente soddisfatta, commenti entusiasti. La Filarmonica del Teatro Arturo Toscanini vicino ai Mushrooms Project, il Teatro Lenz eSandu Nagy, i Beat per FrameInvernomuto e il Centro Internazionale Danza, in quello che per una volta non è sembrato solamente un contenitore vuoto con la gente giusta, ma una specie di laboratorio atto a testare i meccanismi e le reazioni della città di fronte alle innovazioni culturali.

Si è parlato del Progetto Manifattura – Green Innovation Factory di Rovereto, altro esempio intelligente di recupero degli spazi industriali in disuso, si è assistito alla presentazione degli esiti finali del laboratorio internazionale denominato Progettare il costruito e organizzato nell’ambito del Festival dell’Architettura, si è ballato tra i visual dei Beat per Frame, si è diventati parte attiva delle performance di Sandro Nardi (una sorta di video collettivo dove ogni partecipante poteva aggiungere il suo contributo) e di Enrica Borghi (un progetto in cui venivano messe in luce le potenzialità costruttive del riciclo), il tutto in un clima informale e divertito che nulla aveva da spartire con i convegni e le cosiddette tavole rotonde troppo spesso ingessate e ripiegate su se stesse.
Il nostro obiettivo principale”, dichiara Alessandro Tassi Carboni, presidente dell’Ordine degli Architetti, “è suggerire alla cittadinanza una metodologia di intervento che permetta di recuperare questi luoghi al fine di trasformarli in un laboratorio di attività commerciali, direzionali e culturali d’avanguardia. Non vogliamo inserirci nella polemica che condanna in modo passivo, bensì intervenire con esempi concreti su quei temi che riteniamo indispensabili per una trasformazione sensata degli spazi urbani”. Poca cosa, dirà qualcuno, parole scontate, dirà qualcun altro; ma basti pensare al grado di immobilismo di istituzioni ed enti culturali in città (dall’insediamento della nuova giunta a giugno, l’unico intervento significativo nel campo della cultura è stata la nomina del nuovo direttore del Teatro Regio) e anche un evento come Lights Out Pasubio assume i connotati di una piccola rivoluzione. Viene quasi da chiedersi se non sia questa la strada giusta da percorrere di fronte all’abbandono dei beni culturali da parte delle pubbliche istituzioni: piccoli gruppi di tecnici che in eventi ripetuti nel corso del tempo creino, in modo sistematico e intelligente, una fitta rete di idee e un grado di partecipazione consapevole, altrimenti irrealizzabili con metodi tradizionali.

Per ora si prosegue con una serie di incontri riuniti sotto l’iniziativa Abitare la città dimenticata. Con la speranza che, anche a Parma, quello di Lights/out Pasubio non si riveli l’ennesimo episodio isolato, pieno di buoni propositi, ma destinato a concludersi troppo presto.

Alessandro Marzocchi


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