È una mattina distrutta dalla morte di Vittorio Arrigoni quella in cui parto per il Festival del Giornalismo di Perugia: il mio venerdì 15 aprile comincia funesto, e decido di esorcizzarlo portandomi in viaggio “Il bene ostinato”, il libro di Paolo Rumiz che racconta dei profeti silenziosi di oggi e delle loro missioni.
Arrigoni è morto a 36 anni, da combattente, da militante: lui c’era sul suo sogno, e ben pochi possono dire altrettanto. Ma l’amarezza non scema.
Dopo quattro ore di macchina, Perugia mi accoglie con una scritta spray sul muro di una chiesa: “L’unica chiesa che illumina è quella che brucia”. Il benvenuto urticante di questa città sublime e viva mi intima di rimanere coi sensi allerta e, dopo una guanciola di manzo stracotta nel Rosso di Montefalco, mi butto tra le genti giovani e multietniche del centro storico. Solo a Napoli avevo visto un fermento notturno così imperativo e coinvolgente, una socialità di strada così naturale e prepotente; ma mai mi era capitato di incontrare gang adolescenziali innocue e colorate, gruppi di ragazzini albanesi, indiani, sudamericani e africani mischiarsi e raccontarsi in umbro, come se fosse una cosa da poco e non una rivoluzione possibile.
E poi il Festival.
Che quelle bellezze di Arianna Ciccone e Christopher Potter hanno creato dal nulla una perla d’Italia, che ti pare quasi di essere in un posto indispensabile per riprendere fiato e grinta.
Non solo perché si incontrano le eccellenze del giornalismo e dell’informazione, ma soprattutto perché si ha tutta l’impressione di essere in un luogo di decantazione e creazione, un momento cruciale per farsi un bello scrub intellettuale e ripartire carichi di antidoti e consapevolezze.
Beppe Severgnini e Bill Emmott
Ho riso amaramente sulle nostre miserie nazionali con Travaglio, ho placato il mio disfattismo con l’intelligente moderatezza di Beppe Severgnini e lo sguardo lucido e speranzoso di Bill Emmott. Mi sono goduta ancora una volta la competenza di Nuzzi e la piacevolezza di Nicola Gratteri, un bell’esempio d’Italia così come la vorremmo, tutta intera.
Nicola Gratteri e Pierluigi Nuzzi
Ho fatto razzia d’ispirazione al Symposium su Wikileaks, andandomene dopo quattro ore bella carica per la Digital Weekdi Venezia d’inizio maggio, dove racconterò dei blogger.
Alessandro Giglioli (Piovono Rane) e Fabio Chiusi (Il Nichilista)
L’Italia di questo Festival ritorna ad essere quella delle cose di cui andare fieri: in mezzo ad un mare di faccende di cui vergognarsi, non è poco scoprire che c’è ancora qualcosa di sano e fecondo. La Ciccone e Potter hanno saputo creare una gestazione: sta a tutti noi poi, ogni giorno, custodire la cova con fierezza, sapendo che abbiamo ancora qualcosa da difendere.
Chi mi segue sa bene che, per quanto mi riguarda, è una considerazione che non pensavo di arrivare a fare in questo nostro momento italiano.
Nicola Gratteri
E se, come ha detto Severgnini, Berlusconi è un rabdomante di debolezze, capace di trasformare ogni difetto nazionale in una medaglia d’onore, io sono convinta che i teatri stracolmi di Perugia siano da annoverare tra le cose di cui dovremmo andare orgogliosi e in cui riporre le nostre speranze.
Il Teatro Morlacchi aspetta Marco Travaglio