Piu' o meno ero partita cosi': disperata di lasciare la mia amata citta' adottiva, tutte le mie amiche e amici in loco, tutta la mia rete di aiuto, e in aggiunta frapporre un oceano tra me e i miei genitori, tra le mie bimbe e i loro nonni. Ma anche risoluta in qualche modo che non riuscivo ad immaginare, a essere resiliente: ero cosciente di tutto quello che perdevo, non avevo aspettative positive percio' il poco di buono che avrei trovato sarebbe gia' stato ossigeno. Pragmatica, un passo alla volta si scalano le montagne. Un respiro grande e un passo avanti, un respiro e un passo avanti, un respiro e...
La sensazione di svegliarsi in apnea.
Ogni mattina di piu', meno ossigeno nel primo respiro della giornata, e in quello dopo e in quello dopo ancora.
Tutte le dimensioni fisiche, urbane, mentali, architettoniche, umane, sociali del nuovo mondo che mi circonda sono inesorabilmente brutte, squallide, sporche, ingiuste, disumane, aggressive, violente, assurde o nel migliore dei casi, sfigate. Come le immaginavo prima di venire a stare qui. Anche peggio.
Houston non e' New York, e non e' nemmeno Cleveland o Boston. Non e' nemmeno un posto che abbia la fortuna di sorgere accanto a qualche bellezza naturale, siano spiagge stupende o foreste millenarie o montagne o canyon. Insomma, di fronte alle inequalita' economiche generate dal sistema santirario, dal debito studentesco, di chi ha perso la casa con il crollo delle banche e delle assicurazioni nel 2008, alle difficolta' tangibilissime di integrazione tra razze, non c'e' modo di distogliere gli occhi e dire andiamo a farci un giro sul Magnificent Mile o sulle spiagge bianche che bordano il mare cristallino.
No, qui gli Stati Uniti te li becchi senza filtro, con tutte le contraddizioni che diventano inaccettabili in un paese che si autoproclama portabandiera della Liberta' e del mondo occidentale ed evoluto, e nessuna consolazione grande abbastanza da compensare, almeno per una giornata intera, il malessere di vivere qui.
Nessuna consolazione tranne una, anzi.
Che qui c'e' lavoro, tanto lavoro. Houston sta crescendo in posti di lavoro ed abitanti in modo esponenziale, di mese in mese.
Noi siamo qui perche' il Senator ha accettato il lavoro piu' interessante mai fatto finora. E quanto spesso capita nella vita di poter scegliere un lavoro, aldila' della remunerazione, perche' e' un lavoro davvero interessante? E contemporaneamente grazie a questo lavoro davvero interessante, che mi ha riconsegnato un uomo felice,che torna a casa stremato ma contento di raccontare e di condividere pensieri, scoperte, opinioni, non ci manca nulla.
Percio', non mancandomi nulla, trovo ancora piu' difficile sopportarmi: non dovrei essere cosi' dannatamente triste di essere qui, perche' sono una privilegiata rispetto a milioni di donne nel mondo, nel mio paese d'origine, in questo paese dove mi trovo ora. E ok, prima ero privilegiatissima, ora lo sono meno, ma i miei sono problemi di primo mondo, e il terzo mondo non e' duemila km da me, come quando vivevo in Europa, il terzo mondo qui mi attraversa la strada o mi fa le borse al supermercato tutti i giorni.
Insomma, sto male qui e sto male di stare male perche' so che non dovrei, c'e' davvero chi sta peggio, tanto, qui, accanto a me.
Nonostante, c'e' da sottolinearlo, ho incontrato piu' expat volenterose d'aiutarmi e di sostenermi, nei primi quattro giorni e mezzo qui che nei primi quattro anni e mezzo al paesello francese alle porte di Ginevra.
Riassumendo, mi sono esplose le bombole dell'ossigeno in volo, per usare una metafora che tutti conosciamo:
In una situazione del genere, che altro poteva succedere?
Che fosse dicembre e questo significasse essere lontano dalle nostre famiglie per Natale e le mie figlie chiedessero quando andiamo all'Aerotopolo da nonno e nonna?
Si
Che fosse dicembre e ci fossero venti gradi e le mie figlie si preoccupassero che Babbo Natale non verra' perche' dov'e' la Neve e dov'e' la mia maestra,e Marysia, e Yulia, e la zia Kristina e Robek e Isolabella?
Si
Che vivessimo di cartone e fantasia, in attesa del container con quel piccolo pezzo di casa che ci volevamo portare dietro, non per una settimana come promesso dal trasportatore, ma per tre settimane e arrabbiandoci un giorno si e l'altro pure, che tre settimane sono eterne dovendo rispondere ogni giorno alla domanda mamma dov'e' il mio orsetto con l'orecchio piegato e il libro di Barbapapa'?
Si
Che trovassimo le cimici rosse nell'appartamento nuovissimo perche' sa, ha piovuto, normale, vi chiamo la disinfestazione?
Si.
Che dovessi fare il test dell'assicurazione per guidare con il permesso internazionale di guida e non sedevo dietro un volante da tredici anni perche' odio guidare ma qui senza l'auto non puoi nemmeno uscire a prendere un caffe' o comprare il latte, la signora del test di guida fosse un'afroamericana originaria del Texas nordoccidentale che parla un dialetto tutto suo e fosse impossibile capire le sue indicazioni, quel giorno pioveva a dirotto e Houston non ci sono tombini percio' due gocce ed e' l'alluvione tutti in casa col kit di sopravvivenza?
Si
Che mi ritrovassi pronta ad esprimere al prete polacco venuto a benedir casa dopo Natale, del mio malessere interiore, per cercare spunti di riflessione e una via per uscirne e invece il prete mi dicesse che non vede l'ora di essere mandato via da qua, che era tanto meglio il Minnesota e il Michigan dov'era prima e cosi' quando vado a Messa e prego il Padreterno di mandarci via da qua prima possibile compatibilmente col lavoro interessantissimo del Senator, mi tocca far la fila dietro al prete?
Si.
Che dopo aver fatto il test nell'auto di scuola guida qualche giorno prima, iniziasse a prudermi la testa sempre di piu' e mi ritrovassi il 30 gennaio a mandare in lavatrice qualunque oggetto di stoffa presente in casa, mentre mi sottoponevo al primo shampoo antipidocchi in trentacinque anni di vita, e avessi contagiato pure le figlie da shampizzare pure loro e pettinargli mondieu i nodi? (NB mi sono presentata alla guida successiva con un foulard in testa a mo' di turbante che faceva molto first lady del Qatar)
Si.
Insomma, vi scrivo ora che pianin pianino sto imparando a farmi bastare la consolazione nell'unico mondo bello che ho al momento a disposizione: il mio.
Ora che finalmente mi e' giunta in soccorso la fata turchina sotto le sembianze di Turkish Airlines, che mi riportera' presto per diciotto magici giorni la' dove appartengo, sono finalmente pronta a raccontarvi del piccolo mondo mio che sto costruendo da quando sono arrivata qui a Houston, dove perfino il prete ha un problema.
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