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I Fratelli Coen dopo un inizio segnato dalle commedie dall'umorismo nero sono cresciuti parecchio, dedicandosi a progetti cupi e silenziosi come Non è un Paese per vecchi o anche a remake che hanno riportato in auge il genere western, come Il grinta.
Il loro ultimo film prende spunto più dai protagonisti dei primi, però, degli inetti che non trovano posto nella società, che non la apprezzano e la denigrano, senza però cadere in facili umorismi o equivoci da commedia, ma tratteggiando il personaggio in ogni sua sfumatura.
Llewyn Davis è infatti un personaggio perdente in partenza, che cerca di far apprezzare la sua musica a tutti i costi, così folk in un periodo (i primi anni '60 a New York) nel quale ancora il genere non era esploso e virava molto più verso il gospel spirituale e orecchiabile.
Come meglio suggerisce il titolo originale, il film va inside Llweyn Davis, sognatore e solitario, sfortunato in ogni attimo della settimana che seguiamo, in cui perde occasioni d'oro, perde un gatto, perde l'autista (e le chiavi dell'auto su cui viaggia), perde soldi e forse un futuro.
In una vita che sembra non avere una meta ma che gira continuamente in tondo, passando da un divano di fortuna ad un altro, da un'esibizione caritatevole ad un'altra, Llewyn sa di essere diverso, e per questo il suo carattere è quanto di più spigoloso possa esserci in un'artista: non accetta la vita semplice che la donna che ama vorrebbe costruirsi con la musica, non accetta i rifiuti dei discografici e non accetta un sistema che premia la facilità rispetto alla profondità.
In questa sua guerra contro i mulini a vento, Llewyn si muove tra risse e ubriacature, cercando ti tirare avanti con prestiti e lavoretti, e in questo suo girovagare senza sosta che lo porterà addirittura a Chicago, nel disperato tentativo di essere messo sotto contratto, lo accompagna un enigmatico gatto rosso, preso per caso e per caso tenuto.
Ma chi davvero lo accompagna è la sua musica, strimpellata e canticchiata appena possibile, linfa vitale che riesce a smuovere anche il viso arcigno del padre.
Nel ritratto di questo perdente i Coen non si lasciano sfuggire nessuna piccola catastrofe con cui farlo scontrare, facendo di Oscar Isaac il solo protagonista perfetto che con il suo gatto da Premio Oscar lascia indietro -come semplici comparse- i volti bellissimi di Carey Mulligan e Justin Timberlake, Adam Driver (sempre più lanciato dopo Girls) e John Goodman che riempiono pochi minuti con la loro presenza, così come pochi minuti, o qualche notte di ospitalità, rappresentano per Llewyn.
I toni grigi e blu della fotografia non fanno così che accentuare ancora di più la sua solitudine e il suo distacco, abbandonato nel modo peggiore dal suo compagno di suonate, questi toni freddi vengono riscaldati solo dalla sua voce e dalla sua musica.
E se il finale lascia in sospeso una carriera che con l'arrivo in città del musicista folk per eccellenza potrebbe finalmente esplodere o subire l'ennesima beffa del destino -rendendo così ancora più speciale questo viaggio all'interno di Davis- ironicamente la vera beffa si è avuta già ai Golden Globes dove non sono state le canzoni di Llewyn a meritare una nomination, ma la Please Mr. Kennedy da lui tanto bistrattata.
Se questo perdente, per quanto fittizio, musicista non solo per lavoro ma per vocazione, non ha trovato il suo pubblico, lo ha però trovato oggi, grazie ad un ritratto sincero e sentito che rappresenta quello di un'intera categoria di persone: i sognatori incalliti.
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