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Un argomento che ritorna due volte nella prossima raccolta di racconti, è quello dell’handicap cerebrale. Perché il primo racconto e l’ultimo, hanno come protagoniste due donne con figli in quelle condizioni. Perché?
E io come faccio a saperlo?
Sottrazione e addizione
Sia chiaro: non lo affronto come dovrei, perché non ne ho la capacità. E qualcuno potrebbe affermare, a questo punto, che questo è un segnale importante, potente: non so scrivere e dovrei smettere.
Può darsi che non sappia scrivere. Però continuerò a farlo.
C’era questa storia da raccontare, e io ho provato a farlo. Poi ne è saltata fuori un’altra, e l’ho seguita. Ho spesso pensato che fossero due racconti troppo “simili”, e che uno dei due dovesse essere messo da parte. Invece ho deciso di tenerli entrambi perché il secondo affronta non quel tema (ribadisco: non ne sono capace). Ma una visione della vita differente rispetto a quello che si trova nel primo. O, anche se non è differente, non è identica.
Diciamo che se la protagonista del primo racconto alla fine decide che nella propria vita ci debba essere un segno di “addizione”, la seconda sceglie la sottrazione. E che vuol dire?
Be’, la risposta la troverai dentro la raccolta di racconti, diamine!
L’ultimo racconto, che chiude la raccolta, in principio doveva inaugurarla (forse ne ho già scritto in passato). Però mi era sembrato troppo “forte” come inizio, e mi sono detto che poteva infastidire (non turbare) qualche lettore, e spingerlo ad abbandonare frettolosamente la scrittura.
C’è di peggio, sia chiaro, e sono anzi certo che i miei sono scrupoli e nient’altro. Piazzandolo alla fine, e con la speranza che gli altri non siamo malaccio, mi auguro che la lettrice o il lettore “capisca”.