Nel 1949 viene arrestato perché non condivide la dittatura. In prigione, a Goli Otok, una delle più feroci d’Europa dopo la II Guerra mondiale, dov’erano imprigionati anche numerosi italiani, rimane quattro anni e mezzo. Nella prigione, scrive di nascosto una raccolta (L’inferno della speranza, pubblicata in Italia da Multimedia edizioni / Casa della poesia di Salerno) che riesce a pubblicare solo 40 anni dopo.
Questo libro lirico-elegiaco è una grande accusa contro tutti gli oppressori in qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo. Dopo la prigionia, Zemljar ha vissuto in patria come un esule, per 35 anni sotto lo sguardo vigile della polizia.
Ha partecipato alla manifestazione "Poesia contro la guerra" (1999) e "Lo spirito dei luoghi. Incontri internazionali di poesia" (4ª edizione, ottobre 2000), "Incontri internazionali di poesia di Sarajevo" del 2003.
Si è spento all'età di 82 anni a Zagabria nel 2004.
http://www.casadellapoesia.org/poeti/zemljar-ante/biografia
Per Ante
Era una finestrella, sbarrata da una tavola di legno
l’unica presa d'aria della cella.
L'uomo si abitua all’ombra,
a mezzogiorno, in piedi sulla branda
s’allunga alla fessura della luce,
meno di un rigo, un verso breve
passa sulle palpebre degli occhi.
C’è un nodo nel legno che lui tocca
con l'unghia e con il tempo,
con la punta dell'unghia e del tempo,
all’uomo serve un gioco nella cella.
Un giorno il nodo cede
pregato dall'unghia amica del tempo
che ricresce ogni giorno,
il nodo cede.
Si toglie come un tappo di bottiglia
e nel suo collo passa uno zampillo di luce liscia e dritta
s'allarga a terra, allaga il pavimento.
Il prigioniero Ante si mette scalzo
e ci si bagna i piedi. È un anno
che non esce di cella, niente cortile, aria,
un anno che la porta è uguale al muro,
che la porta non porta da nessuna parte
un anno, strizza gli occhi,
il sole dentro il buco è un’arancia rotonda nella mano
i piedi si strofinano fra loro
sono due bambini, la prima volta al mare
i piedi di Ante Zemljar comandante di molti partigiani,
congedato col merito della vittoria in guerra,
adesso chiuso dagli stessi compagni: nemico della patria.
Nemico lui che l’ha agguantata al collo
l’ha scrollata di eserciti invasori
fiume per fiume, da Neretva a Drina,
coi calci della fame senza nemmeno portar via una cipolla
a un contadino perché così è la guerra partigiana.
Nemico lui: l’hanno tolto da casa
da Sonia di due anni che sa gridare già:
“Lasciate il mio papà, lasciatelo è mio padre”.
Adesso sì, voi siete suoi nemici.
Ante sa le percosse, sa che un pugno da destra
lascia sangue sul muro di sinistra e viceversa
e un pugno dritto in faccia lascia sangue a terra,
ma c'è la novità qui le botte riescono a lasciare
il sangue sul soffitto.
C’è sempre da imparare circa le vie del sangue
e dei colpi ingegnosi dei gendarmi.
Ante conserva il nodo, lo rimette nel legno
la guardia non saprà,
il sole non è spia,
s'infila svelto e poi non lascia impronte,
pure se perquisisce la guardia non può dire:
qui c'è stato il sole, sento il suo odore.
Il sole non è un topo,
pure se ne finisce molto in una cella
nessuno si accorge che fuori manca un raggio,
che la sua conduttura ha un buco
e perde luce da un nodo di legno.
Ancora un po' di mesi, poi glielo daranno,
il sole, tutto in una volta, sulla schiena
peggio dei colpi di bastonatura
sopra l'Isola Nuda a spaccar pietre.
Il prigioniero Ante ha conservato il nodo,
qualche volta lontano dalla guardia
lo punta contro il sole e si procura un’ombra
sopra l’Isola Nuda a spaccar pietre bianche
e poi gettarle a mare, all’Adriatico,
perché la pena è pura, senza valore pratico,
e il mare non si riempirà.
Da: Erri De Luca, solo andata, Feltrinelli, 2005
Lettura di Marco Paolini, con I mercanti di liquore