Alla C.A. Sig. Ministro della Salute Renalto Balduzzi
In questo periodo in cui le Istituzioni sembrano chiedere a noi cittadini partecipazione attiva alla vita politica, nonostante me lo faccia dire non è che ci invogliate molto, con la presente desidero condividere con Lei quanto mi è capitato in una giornata come tante, una domenica, una di quelle giornate che dovrebbero essere di riposo e di festa ma che ultimamente (almeno per me) spesso sono giornate di ‘trasferimento’.
Anche quella passata per me non fa eccezione, lo scenario è quello del treno FecciaRossa, l’aria interna (come sempre d’estate) semplicemente ghiacciata e così non rimane che indossare un maglioncino, tirare fuori la scorta di giornali e incominciare ad ingannare il tempo. Faticosamente, aggiungo alla descrizione, perchè il panorama dell’attualità e le notizie non sono un granchè a dire il vero.
Le parole d’ordine sono Sanità e Spending-Review.
Pensavo che dopo le pensioni, la ricerca, la scuola e la cultura avessimo dato ma, a quanto dicono i “tecnici” anche se non sono Tozzi-Ruggeri-Morandi… si può dare di più!
L’impatto dei tagli è tutto da decidere e da valutare anche se al momento risulta difficile trovare giustificazione o soluzione a questa scelta che permetta, almeno per qualche ora, di girare pagina e andare avanti. Forse ci riesco, trovo il solito pezzo estivo a metà tra gossip-e-costume e per un po’ i pensieri “leggeri” sembrano avere la meglio sulla realtà.
Ma il caso di questi espedienti qui se ne frega lo sa?!
Neanche il tempo di pensarlo ed illudermi di esserci riuscito ed ecco che il treno rallenta, si ferma a Milano Centrale. Tutto scorre stranamente velocemente, la carrozza si popola, “impossibile che sia diversamente anche per i sedili attorno a me” penso mentre comincio a raccogliere le mie cose.
Ho sbragato un po’ e quindi il lavoro non manca perchè ne ho parecchie di cose da raccogliere o forse sono solo molto disordinatamente posizionate e forse è anche per questo che non colgo subito la debole voce che dice “please Sir, can I stay here“. Istintivamente alzo lo sguardo e vedo nel corridoio di passaggio un bambino, aspetto gracile e due occhi che sprizzano solo gioia e vitalità.
“Yes” la mia risposta alquanto impacciata ma niente da fare, quegli occhi mi stanno parlando e catturano totalmente la mia attenzione tant’è che alzando il bracciolo il piccolo sembra capirlo e rivolge lo sguardo alla seduta dove sta posizionato il mio portatile. Sorrido anzi, sorridiamo e spostando il pc mi presento: “my name is Claudio” gli dico, “Serghiej” mi risponde sedendosi e armeggiando presissimo nel suo zainetto.Il mio inglese non è un granchè penso ma con un bambino di sette anni posso provare a dialogare anche perchè l’impressione è quella che lui ne abbia voglia. Provo a rompere il ghiaccio con lo scontato “where do you come from?” e mentre in sottofondo la sua accompagnatrice (è salito a bordo con una bambina poco più grande di lui ed una signora anziana ndr) si raccomanda di do-not-disturb lui tutto d’un fiato mi risponde “Chernobyl!“.
Ebbene sarà perchè ultimamente questi sono gli scenari in cui mi ‘muovo’ e l’occhio è allenato e sensibile a certe situazioni ma prima ancora che lui prosegua tanto, se non tutto, mi è chiaro ed è per questo che quando capisco “sette anni e sei trapianti” e faccio due conti capisco anche che lui è un figlio di quella generazione che oggi ha scoperto sulla propria pelle cos’è successo in quel maledetto reattore accanto alle loro case 26 anni orsono.
Non ho bisogno di sentire altro, non voglio sentire altro perchè questo basta ed avanza e poi… e poi lui ha finalmente tirato fuori dal suo zainetto l’Ipad e ci sono le Olimpiadi a cui giocare, meglio concentrarsi su quello schermo, condividerlo (io corro e lui salta gli ostacoli) e lasciare che sia lui a decidere del suo tempo. E così sarà, fino alla fermata di Verona Porta Nuova dove loro scenderanno per proseguire il loro viaggio verso casa in attesa dei prossimi interventi che Serghiej dovrà subire.
“Hallo friend and thanks Italy for ‘tutto‘” sono state le ultime parole che mi ha detto prima di scendere dal treno con un sorriso che da solo diceva e valeva più di mille altri attimi.
“Good Olympic Games my friend” invece le mie mentre abbozzavo l’high-five e lo guardavo un ultima volta negli occhi.
Ebbene Sig. ministro, in questi giorni che si parla molto cosa tagliare e della politica così distante dai poteri forti Le confesso che l’avrei voluta al mio fianco in quel momento, perché quel “Hallo friend and thanks Italy for ‘tutto‘” riecheggi nella sua mente come da quel giorno fa nella mia.
Perchè se così fosse stato visto che il suo curriculum parla di una persona preparata e sensibile, sono sicuro che potrebbero avere un peso quando dovrà prendere le decisioni sui prossimi tagli e forse prossimamente potremo leggere notizie di altro tipo sui quotidiani e regalare a Serghiej una speranza in più.
E mi permetta di aggiungere, peccato che anche i ministri non viaggino in treno, c’è tanto da imparare mi creda.
Con stima e speranza.