Sintesi reale del programma di Letta
Oggi stesso Letta parte per Berlino. Il vero programma del nuovo premier è questo, non la brioscina data a un Parlamento disposto a credere qualsiasi cosa, anche nella nipote di Mubarak per sopravvivere e che ormai naviga sul Paese come una sorta di corpo estraneo, nonostante abbia la pretesa di rappresentarlo. Un’assise nella quale le pochissime parole sensate dentro una insopportabile melassa condita dalle alte citazioni lettiane di Ligabue, sono state dette da Rosy Bindi, a me fa spavento e pena insieme.
Ma Letta vola a Berlino, come del resto aveva fatto Napolitano subito dopo le elezioni, a prendere istruzioni, a farsi dire cosa può fare e cosa no, soprattutto a far presente che senza un’elemosina al popolo mediaticamente spendibile, il governo rischia grosso ed è possibile che non arrivi a settembre, cioè alle elezioni tedesche che saranno decisive per il continente. Naturalmente quelli che ad ogni costo vogliono credere senza dover mettere il dito nella piaga, che in questo caso significa pensare, si compiaceranno: il tour in Europa è vitale per il Paese. O mortale, a seconda dei casi. Ma la sua rappresentazione, la sua scansione è di per sé una dichiarazione di cosa davvero si vuole: se il nuovo governo avesse davvero voglia di cambiare rotta rispetto alla condizione di ostaggio della Germania e del liberismo, se vi fosse la volontà di creare un fronte del Sud per dare battaglia su ricette, diktat e imposizioni politico-sociali che si sono rivelate nefande, Letta avrebbe incontrato prima Hollande, poi Barroso e infine la Merkel. Sarebbe stato un segnale, un modo indiretto per far capire alla cancelliera che la corda è stata tirata troppo. Che perfino un governicchio-governissimo nato dalla nullità ideale della politica, persino un diafano “nepote”, sociologo da Radio Freccia, nonostante debba sfuggigli la complessità della vicenda, può avere la forza di mettere sul piatto gli interessi del proprio Paese.
Così invece, di fronte a tutta l’Europa, il precipitarsi a Berlino, subito dopo la fiducia, con un governo senza nemmeno i sottosegretari, è un chiarissimo segno di sudditanza e di di sovranità limitata. Un segnale di continuità rispetto al montismo che Letta ha voluto esplicitamente dare e che costituisce di per sé la messa in mora del discorsetto-alibi pieno di vaghe promesse e di precise omissioni che ha evitato a molti piddini la vergogna di votarlo . Poi al ritorno sarà tutt’altra musica e salteranno fuori le difficoltà che ahimè impediscono di fare questo e quello, anche se poi Comunione e Fornicazione potrà continuare a fare affari e anche il Pd con Zanonato and company. Che il discorso sia stato pura fuffa retorica lo dimostra il fatto che Letta si sia ben guardato da dire dove andrà a prendere i soldi. Di certo non a Berlino, di lì arrivano solo Dienstanweisungen, ordini di servizio e di certo l’unica concessione possibile sarà poter sforare di qualche virgola il 3% di rapporto deficit – pil. O meglio, visto che per fine anno, rebus sic stantibus, sarà già superato senza bisogno dei 20 miliardi in più che a spanne comporterebbe il programma Letta, una sorta di bonario perdono.
Se anche fossi stato disposto a votare Letta per il bene del Paese, secondo l’ordinaria definizione politichese dell’inciucio, non lo avrei fatto dopo un discorso acchiappa citrulli in cui si promettono mari e monti con soldi inesistenti. Mi piacerebbe sapere perché il 4 febbraio scorso togliere l’Imu per Letta era irrealizzabile da solo e ora invece lo si può fare, rinunciando inoltre all’aumento dell’Imu e alla Tares, pur in presenza di nuove emergenze finanziarie. Su una cosa ha ragione però: gli italiani, soprattutto quelli che votano Pd hanno la memoria corta. Due mesi fa il premier diceva, riferendosi alla non credibilità del rimborso o della eliminazione dell’Imu: Berlusconi è l’uomo che ha fatto quasi fallire l’Italia e che ora si ripropone, rovesciando la verità e facendo promesse irrealizzabili, contando sul fatto che gli italiani ogni tanto hanno la memoria corta. L’alternativa è tra noi e Berlusconi.
Non c’è che dire Letta, è un uomo dalle idee chiare e di cui ci si può fidare. Ma sul quale la Merkel può sicuramente contare: a lei non può andare con la solita scorta di aria fritta. Così che adesso non solo abbiamo intatto il conflitto di interessi di Berlusconi e infiniti altri, non solo il nuovo governo ne ha creati e tollerati di nuovi, ma abbiamo inaugurato un insanabile conflitto di interessi tra il Paese e chi lo governa. A questo punto non vedo perché dobbiamo sopportare le spese gravose di un Parlamento e non ci facciamo governare direttamente da Berlino: vuoi vedere che alla fine sarebbe persino più democratico?