Con questa intervista a Gaetano Rossi, Aldebaran promuove una nuova sezione del blog con l'intento di far conoscere persone e realtà sociali (gruppi, associazioni ecc.) che dedicano tutto, o una parte, del proprio tempo alla crescita morale, civile, spirituale della comunità concorrendo in questo modo alla realizzazione di una società più vivibile, più umana.
Oggi incontriamo Gaetano Rossi, dirigente d’azienda, padre di 4 figli. Gaetano si occupa delle relazioni esterne di ARCA e, come dice lui, cerca di fare l’allenatore ad una squadra under 12 insieme a due studenti che giocano negli Juniores dell’ARCA.
D.: Che cos'è ARCA?R.: E' un'associazione sportiva di Milano. Nasce nel 1991 per opera di alcuni genitori, in particolare Gianni Tedone professore di Filosofia, Mimmo Fossali medico primario, Ercole Martina e altri, per la passione per il calcio e una preoccupazione educativa. Per molti anni fino al 2006 è stato un continuo pellegrinaggio per campi di calcio per allenarsi e giocare i campionati. Nel 2006 abbiamo partecipato, con molti sacrifici, alla gara di assegnazione di una parte del Centro Sportivo Colombo. Stiamo in questi mesi mettendo a punto la seconda parte del progetto di adattamento della struttura. Un impegno consistente per una associazione che si autofinanzia. Abbiamo 17 squadre, 15 allenatori, 12 aiuto allenatori 20 - 25 dirigenti accompagnatori, un consiglio direttivo e tanti amici.
D.: Ci racconti brevemente come è nata l’idea di costituire l’ARCA?R.: L’ARCA nasce in modo semplice a seguito dell’esigenza di alcuni genitori, che volevano fare giocare i propri figli a calcio in un ambiente accogliente, dentro un percorso di educazione con il giusto equilibrio tra competizione e divertimento, senza lo stress della prestazione e dell’eccellenza. Mettendo l’esito, il risultato, come un’ opportunità di misurarsi e non come fine ultimo. Insomma un modo di fare sport con al centro la persona e non la performance. Senza trascurare però la serietà con cui lo si fa, perché è la serietà che da dignità a quello che facciamo anche se siamo volontari. I ragazzi prendono seriamente una cosa se la prendono seriamente gli adulti anche se fanno volontariato. Questa serietà e dignità e proprio la questione dell’educazione. L’altra questione è la possibilità per tutti di starci. Il compito più arduo dei nostri allenatori non è quello di vincere le partite. Ma di fare giocare tutti divertendosi. Questo viene capito dai ragazzi se noi adulti spieghiamo le ragioni, che dobbiamo avere chiare prima noi.
D.: Perché un gruppo di genitori dedica tanta parte del proprio tempo libero per questa associazione?R.: Vedi, come è ovvio ogni genitore vuole che il proprio figlio faccia dello sport e questo è un fatto. La preoccupazione educativa è un’emergenza che ognuno di noi sente in modo stringente e questa è una grande occasione di risposta dentro un cammino anche di amicizia tra adulti. Vi è poi l’ingrediente fondamentale che è la passione per lo sport in generale e per il calcio in particolare. Qui non c’è un isola felice e come in tutti gli ambiti ci possono essere degli eccessi magari determinati dalla passione ma il punto è che c’è chi si aiuta a correggersi. Ecco sintetizzerei cosi la cosa: ci piace il calcio, abbiamo una preoccupazione educativa per i ragazzi, e per noi, e ci divertiamo.
D.: Il mondo del calcio, quello blasonato di serie A e B non sta attraversando un periodo “fortunato” . Che messaggio trasmettete ai giovani che frequentano la scuola calcio dell’Arca e che si stanno formando sia come giovani persone che come “calciatori”?R.: Guarda, sul nostro sito abbiamo pubblicato in modo permanente la lettera del vescovo di Livorno ripresa dal presidente nazionale del CSI. Lo abbiamo fatto per richiamare ognuno di noi ad un rischio che corriamo. La competizione non è assolutamente negativa, anzi può essere uno stimolo per fare le cose ma non è il fine ultimo. Lo scenario del mondo dello sport e del calcio è pieno di esperienze diverse, per fortuna. Ci sono società che hanno uno scopo diciamo, selettivo, hanno l’obbiettivo di “allevare” giovani promesse, e lo fanno bene non trascurando alcuni valori essenziali. Compito difficile e stimabilissimo per chi lo sa fare. Noi facciamo un’altra cosa, cerchiamo di mettere in campo la passione e la competenza di alcuni. E’ importante avere chiaro che al di là degli obbiettivi agonistici si deve garantire una adeguata competenza e per questo attraverso alcuni tecnici facciamo sedute di aggiornamento ai diversi allenatori. Anche perché il calcio è anche espressione di una bellezza che va coltivata. Il fatto di farlo per passione non deve andare a discapito della competenza.
D.: Avete venti anni di esperienza alle spalle: come possono le pubbliche istituzioni favorire esperienze come la vostra presenti sul territorio? R.: Possono e in parte lo fanno, forse non abbastanza, ma comprendiamo che questo non è facile, dare maggior attenzione ad esperienze come la nostra e ve ne sono molte, non necessariamente attraverso il classico contributo economico. In una città come Milano inevitabilmente il livello di collaborazione con le Istituzioni è un po' burocratico, a differenza dei comuni piccoli dove la società di calcio è spesso una sola e quindi vista come una fondamentale ricchezza da agevolare ed aiutare. Diciamo che è più facile. Ma in una città come Milano si deve almeno tenere conto di tutti i fattori che ci sono in gioco. Ad esempio di come le famiglie fanno fatica e quindi le associazioni sportive non possono chiedere oltre un certo limite e per contro le aziende potenziali sponsor non sono più in grado di dare anche quei piccoli contributi che davano. Insomma una situazione sempre più difficile per chi vive di risorse proprie, che quindi necessita che se ne tenga conto nelle modalità che si ritengono più opportune. Il Comune prima che arrivassimo spendeva oltre 80.000 euro per un centro quasi in disuso, non illuminato e non curato. Ora è illuminato completamente a nostro carico, è mantenuto in modo più che decoroso e versiamo un canone annuo al Comune.
D.: Ho visitato il sito internet dell’associazione, mi ha colpito la voce “Angeli Custodi” dove sono presenti tra gli altri Don Pontiggia e Don Giussani. Cosa centrano questi due sacerdoti con la vostra associazione? R.: Sono educatori, lo sono stati per alcuni di noi. Affermiamo che la questione educativa è centrale anche qui e da soli non si può, abbiamo bisogno di modelli educativi e nello specifico anche di una intercessione “molto in alto”. Noi tentativamente cerchiamo di seguire un percorso tracciato da alcuni maestri, questo è il metodo anche nello sport.
D.: Personalmente conosco alcuni genitori impegnati nell’associazione con diverse “funzioni” (genitori accompagnatori tuttofare, genitori dirigenti – accompagnatori delle squadre) e mi ha sempre colpito la passione e la cura che mettono in questa attività svolta in modo completamente gratuito ma comunque faticosa e impegnativa. Che origine ha questa passione che si vive nell’associazione? R.: In parte ho già risposto, aggiungo con insistenza che ha un' origine educativa che ti porta a rispondere ad un bisogno di molti partendo dalla risposta ad un tuo bisogno e quindi ci metti tutto ciò che puoi, chi più e chi meno, senza misurarlo ma con la stessa dignità. E poi gli adulti lo fanno gratis, anzi a volte ci mettono del loro, ma spesso quello che portano a casa, guardano questi ragazzi come stanno insieme, è forse, anzi senza forse “il centuplo”. Qui ci sono ragazzi grandi che fanno gli aiuto allenatori per le squadre dei più piccoli e poi vanno ad allenarsi con la loro squadra e molti quando smettono di giocare continuano ad allenare i più piccoli. Perché lo fanno? Ecco noi adulti lo facciamo perché guardiamo a loro e loro guardano a noi. E’ una grande responsabilità. Non tanto per non sbagliare, ci mancherebbe, vogliamo imparare dai nostri sbagli. Ecco il calcio insegna anche questo in una partita si fanno tanti errori ma non è che ci si ferma, si cade e ci si rialza, ci si fa male e si guarisce, si fanno i falli che vengono puniti, si vince e si perde, si piange e si esulta cosa è più vicino alla vita di questo?