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A Verona un Veronese veneziano

Creato il 28 settembre 2014 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
L'estate è volata via così velocemente che mi sono resa conto in quest'ultima settimana che la mostra Paolo Veronese - L'illusione della realtà, allestita a Verona dal 5 luglio, stava per concludersi. Non potevo, ovviamente, perdere l'occasione di visitarla e così, armata di tanta curiosità e taccuino per appunti, ho salito la grande e bianchissima scalinata del Palazzo della Gran Guardia e ho staccato il mio biglietto.
A Verona un Veronese veneziano
Devo ammettere che l'arte del Cinquecento, pur essendo la più sontuosa e significativa nel panorama moderno italiano, non mi ha mai particolarmente attratto, eppure mi è bastato entrare nella prima sala della mostra per percepire tutto l'orgoglio di cui parla Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio e curatrice della mostra assieme a Bernard Aikema, di poter dedicare a Paolo Caliari una mostra nella sua stessa città d'origine. Come ha infatti spiegato la direttrice, l'artista, nonostante fosse figlio di lapicidi veronesi, va considerato «a tutti gli effetti un pittore veneziano».  

A Verona un Veronese veneziano

Conversione della Maddalena (1549-50), dalla National Gallery

 A lungo compresso fra le più celebri figure di Tiziano e Tintoretto, il Veronese, come ricorda Aikema, docente presso l'Università degli Studi di Verona, «è spesso stato visto come il decoratore piacevole da vedere, non tanto il pittore di un contenuto e di un messaggio vero e proprio». In realtà ci si accorge fin dai primissimi dipinti in mostra, ai quali è affiancata una ricca esposizione di disegni preparatori, bozzetti e opere da serigrafia che permettono di cogliere aspetti nascosti delle grandi opere, che il Veronese ha tratti e caratteristiche personalissime che, accennate già nelle prime opere, esplodono poi nei capolavori degli ultimi anni, quando l'artista è affiancato dalla bottega, principalmente dal fratello e dai figli.

A Verona un Veronese veneziano

Marte e Venere (1570-75), dalla Galleria Sabauda

La costanza e lo sviluppo dei caratteri tipici della pittura di Paolo Caliari si notano grazie alla successione di sei sezioni in cui si susseguono oltre cento opere divise fra rappresentazioni religiose, ornamenti ecclesiastici, come la Pala Bevilacqua-Lazise di Castelvecchio, dipinti a tema mitologico, fra cui spicca il curioso Marte e Venere, tele di valore poltico commissionate dal governo veneziano, allegorie di interpretazione non sempre facile e ritratti di nobili (e qui il fiore all'occhiello è La bella Nani, rappresentazione della bellezza ideale).
L'uso dei colori vivaci e la modulazione del chiaroscuro, ma anche la caratteristica veronesiana delle mani sovradimensionate, appaiono già nella tela del 1549 intitolata La conversone della Maddalena, che colpisce per l'accesa tavolozza e i contrasti fra i verdi, i rossi e gli azzurri e dove già emerge quel rapporto di sguardi autentici che si lascerà apprezzare anche in Cristo e il centurione, prestito del Museo del Prado databile al 1567. 

A Verona un Veronese veneziano

Ritratto di nobildonna veneziana o La bella Nani
(1560 ca.), dal Museo del Louvre

La già citata Pala Bevilacqua-Lazise offre invece l'occasione di cogliere la monumentalizzazione dell'opera del Veronese, sia in quanto la dimensione dei dipinti si fa via via sempre più imponente, sia per la presenza di strutture architettoniche ai margini o sullo sfondo delle scene dipinte, che testimoniano sia la diffusione dei palazzi signorili e delle loro poderose strutture ricche di colonnati, arcate e balaustre, sia i rapporti del pittore con gli stessi architetti, fra cui Michele Sanmicheli. La presenza di questi elementi architettonici diventerà via via più importante e immancabile, al punto che l'Annunciazione degli Uffizi (1556) sembra quasi un pretesto per uno sfoggio di perizia prospettica, con i protagonisti dell'episodio sacro collocati ai margini e il poderoso Convito in casa di Levi, vero protagonista dell'esposizione, sarebbe impensabile senza la complessa struttura di colonnati portici, archi e quinte architettoniche che scandiscono la scena.
 

A Verona un Veronese veneziano

Allegoria del Buon Governo (1551),
dai Musei Capitolini

Una menzione a sé meritano le raffinatissime allegorie di interpretazione non sempre facile: da quella del Buon Governo, raffigurata mentre manovra un timone, segno di rettitudine, a quella delle Arti Liberali, inscritta in un ottagono e destinata ad adornare un soffitto, passando attraverso quelle delle Virtù Cardinali e arrivando alle quattro celebri Allegorie dell'amore in cui all'iniziale Amore disonesto sconfitto si contrappone l'esaltazione e l'incoronazione dell'Amore virtuoso. A tal proposito, va detto che nei dipinti del Veronese assumono grande valore simbolico gli animali, al punto che la mostra suggerisce un percorso a tema per i visitatori più piccoli: accade così che, accanto agli onnipresenti pappagalli variopinti legati al culto mariano, incontriamo cani ed ermellini, simboli, rispettivamente, di fedeltà e purezza.

A Verona un Veronese veneziano

L'amore disonesto sconfitto (1565-70), dalla National Gallery


Colpisce, nel percorso verso l'ultima sala, il proliferare di figure e immagini che si sovrappongono: lo si avverte già nelle ultime opere della terza sala, strettamente legate alle commissioni del senato veneziano come Il Paradiso, bozzetto di un'opera che avrebbe dovuto adornare il Palazzo Ducale, ma assegnata a Tintoretto dopo la morte del Veronese (1588), che rappresenta l'idea salvifica del governo della Serenissima, o, ancora dall'Allegoria della battaglia di Lepanto. Ma è proprio all'altezza delle ultime opere, eseguite in strettissima collaborazione con la bottega e da essa finite dopo la scomparsa di Paolo Caliari, che le tele si affollano di figure che rampollano le une sulle altre, sia nell'Incoronazione della Vergine (1582), sia nel monumentale Convito in casa di Levi, opera proveniente dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia, costituita dall'unione di tre tele e recentemente sottoposta ad un lavoro di pulitura durato oltre un anno.

A Verona un Veronese veneziano

L'amore virtuoso (1565-70), dalla National Gallery

 

A Verona un Veronese veneziano

Perseo libera Andromeda (1560 ca.),
dal Musée de Beaux-Arts di Rennes

Con queste due grandi opere si conclude la mostra veronese, ma questo è solo il primo di una serie di appuntamenti destinati a ricordare e celebrare l'artista; all'interno della percorso Scopri il Veneto di Veronese, infatti, sono compresi non solo i siti della regione che ospitano opere di Paolo Caliari, ma anche altre esposizioni: Le allegorie ritrovate al Museo Palladio di Vicenza (contemporanea alla mostra della Gran Guardia), Veronese e Padova (7 settembre - 11 gennaio), Veronese nelle terre di Giorgione a Castelfranco (12 settembre - 11 gennaio) e Veronese inciso a Bassano del Grappa (14 settembre - 19 gennaio). Gli appassionati della pittura di questo artista e coloro che sono interessati a conoscerlo meglio, avranno insomma ancora qualche mese per esplorare le sue opere e le terre che ad esse fanno da sfondo e senza le quali, per alcuni aspetti, la lettura delle opere non può essere completa o ugualmente evocativa.Per la mostra di Verona affrettatevi: c'è tempo solo fino al 5 ottobre!

A Verona un Veronese veneziano

Convito in casa di Levi (1588), dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia
[clicca sull'immagine per ingrandire]


C.M.

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