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A volte capita “Leièmaria”

Da Clindi

leiemariaA volte capita di essere protagonisti, a volte capita di svegliarsi su un altare, a volte capita di imbattersi nel pesantissimo silenzio, che parte dal nucleo della terra e ci trattiene muti di ogni respiro e sordi di ogni moto. 

La voce non basta. Non basta l’inchiostro. Eppure il poeta vive là, dove risiede il peso del peccatore, punito con la perdita dell’io. 

In questo progressivo abbandono e scoperta del sè Anna Maria Farabbi tesse la tela della sua anima, in un viaggio iniziatico tra le pagine di Leièmaria.

Concediamoci oggi la nostra personalissima perdita con un breve estratto:

ecco l’alba

Capita a volte che non si è più in grado di assorbire, dire, pensare parole.

Il nostro piccolo vocabolario della nominazione è inutile, morto, staccato, estraneo al cervello. La ruminazione interiore accade ed elabora per altre vie organiche, con maggiore precisione. Tra le due tempie quasi il niente, mentre agisce in noi un linguaggio altro, sinergie tra muscoli, nervi, sangue, ossa, midollo.

A me sembra di aver perso il soggetto io , di non aver compreso fino in fondo il pronome noi, di non aver praticato interamente il pronome tu. Il verbo grande è sentire:  dovrei coniugarlo sensorialmente, spiritualmente.

Biologicamente.

Cammino fino all’alba verso il laghetto. La superficie circolare dell’acqua ghiacciata. Le mie mani immobili e inutili scendono dentro la tasca cercando la certezza del fondo.

La poiana segna l’aria. Ha fame come me, mentre sta uscendo dal cielo, con pienezza, la luce.

Anna Maria Farabbi


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