Tabù
«Penso che i tabù più grandi in America siano la fede e il fallimento»
(Michael Malone)
Noi abbiamo Fabio Volo, la fede nell’ovvio e il fallimento dell’editoria di qualità. Il rito del trito e ritrito, gli sconti sullo scontato e il frutto del frusto tengono in piedi la cooltura italiana. E finché non barcolla, attendiamo tempi migliori.
C’è, però, chi difende il modesto con assoluta immodestia: «Fabio Volo, il tabù dei letterati snob» e D’Orrico vola alto.
Alla Mazzantini, D’Orrico preferisce Fabio Volo, a Carofiglio preferisce Fabio Volo, a De Luca preferisce Fabio Volo. «Fabio Bonetti, in arte Volo, 39 anni, bergamasco di Calcinate, figlio di un panettiere, disc-jockey, attore, sceneggiatore, doppiatore, cantante, batterista, ex-Iena, primo nella classifica dei bestseller, non è, come pensano gli intellettuali, il peggiore scrittore italiano». Saperlo ci rincuora.
«I libri migliori sono proprio quelli che dicono quel che già sappiamo»
(George Orwell, 1984, Mondadori, 1950).
***
Tieni i soldi
«La beneficenza appaga in primo luogo lo stesso benefattore»
(Joseph Roth, Ebrei erranti, Adelphi, 1985)
Raccolte fondi andate a fondo, i “furboni del quattrino” non vanno mai in ferie!
I libri fotografici dell’attore Edoardo Costa erano un bluff. La sua associazione benefica mandava in Africa solo le briciole.
Ci sono libri, comunque, che riescono anche a fare di peggio! Nel 2007, una coppia di genitori falsifica le cartelle cliniche della figlia, apre una pagina Facebook e inizia a raccogliere le donazioni degli utenti. In quell’anno, «una casa editrice aveva pubblicato il primo libro autobiografico scritto dalla bambina Voglia di vita i miei giorni in ospedale, seguito dalla pubblicazione del secondo libro, scritto dalla madre, intitolato La vita continua nel 2009». L’autobiografia truffaldina è ancora presente nel catalogo di Libreria Universitaria, fortunatamente risulta non disponibile.
***
(Il) Titolo fa la differenza
I libri più assurdi del mondo di Russel Ash e Brian Lake (Castelvecchi, 2007) è un testo che lascia ben sperare. Se in futuro non verrete ricordati per quanto avete scritto, cercate almeno d’essere originali nei titoli.
Sottotomo – nella recensione al libro suddetto – cita questi: Divertirsi con i paguri, Analisi sessuologica delle frasi di Dickens, Il grande libro sul riciclo dei collant, Afferrare una palla di cannone, L’aspetto romantico della lebbra, Cosa dire quando si parla da soli, Come proteggersi da una bomba atomica, La mitragliatrice fai da te, I segreti della leadership di Attila, re degli unni, Carriere nella droga, Canti di un contabile iscritto all’albo e Piedi piatti sciabordanti.
«La cultura ha guadagnato soprattutto da quei libri con cui gli editori hanno perso».
(Thomas Fuller, The Holy State and the Prophane State, 1642).
***
Tribuna d’onore e tribunale civile
La mestizia della critica e gli autori che fanno il mestolino. Se il parere è discutibile, lo si discuta nelle sedi adeguate e a stabilire il danno ci penserà il lettore.
Il silenzio cala sullo Strega, ma Il silenzio dell’onda (Rizzoli 2011) continua a rumoreggiare. «A causa di alcuni pareri espressi su Facebook da Vincenzo Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, Gianrico Carofiglio, scrittore ed ex magistrato, nonché autore de Il silenzio dell’onda – terzo classificato al Premio Strega di quest’anno – ha avanzato una richiesta di risarcimento danni (in un primo momento aveva addirittura pensato di sporgere querela in sede penale)» così racconta Alberto Bullado.
La notizia è ghiotta e subito il gossipparo editoriale si sfrega le mani; purtroppo, è presto costretto a rinfoderare la lingua biforcuta: l’infuocata polemica è un fuoco di paglia, l’ardore d’un cerino nel solito mortorio letterario. In uno status su Facebook, Vincenzo Ostuni, probabilmente amareggiato dai risultati di Premiopoli, lascia questo messaggio ai posteri: «Finito lo pseudo fair play della gara, dirò la mia sul merito dei libri. Ha vinto un libro [Inseparabili, di Alessandro Piperno, ndr] profondamente mediocre, una copia di copia, un esempio prototipico di midcult residuale. Ha rischiato di far troppo bene anche un libro letterariamente inesistente [ll silenzio dell’onda, di Gianrico Carofiglio, ndr], scritto con i piedi da uno scribacchino mestierante, senza un’idea, senza un’ombra di responsabilità dello stile, per dirla con Barthes». Per essere una battuta è troppo lunga, per essere una recensione è troppo breve, trattasi, infatti, di parere personale su bacheca privata. Ma, come spesso accade – la noia è cattiva consigliera – l’esternazione esce da lì e arriva al sempre vigile Carofiglio. Dalla noia all’averne noie, lettori indignati si sono presto schierati in due fazioni: in Italia, è sempre un calcetto, peccato che il numero degli arbitri sorpassi ampiamente quello dei giocatori. Gli epiteti che spiccano in questa baruffa da ombrellone sono «mestierante» e «scribacchino», ma proviamo a contestualizzarli.
Il silenzio dell’onda è tra i libri italiani più venduti – Corriere della sera.it, classifica del 26 luglio 2012 – ed è approdato allo Strega. Evidentemente l’autore sa quello che la gente vuole leggere, questo scrive e questo vende. Beato lui!, direbbero in molti. Ma sarà anche uno scribacchino? L’attributo suona scomodo e puzza di volgarità da mercato rionale, come se il baraccone editoriale proponesse di meglio! Simile l’ambiente, adatti i toni: se per scribacchino s’intende l’autore che non scrive per cambiare il mondo – e morire in disgrazia –, non vedo perché affannarsi tanto: scribacchini e bestselleristi sono parenti stretti. Date a Carofiglio del bestsellerista: lo farete contento.
Di tono analogo anche la vicenda che vede schierati Gian Paolo Serino e Loredana Lipperini e il campo della tenzone è ancora Facebook. Sulla bacheca del critico appare l’immagine della lettera avvocatizia in cui il legale della signora Lipperini – accusata da Serino d’essere “anche” Lara Manni – lo invita a terminare «la proficua attività diffamatoria». Tenebrosa la chiosa: «Il Suo senso d’impunità può farLe credere di agire al di sopra e al di fuori delle leggi ma dovrà ricredersi quanto prima non appena l’azione giudiziaria inizierà il suo corso».
«Il punto d'onore è come il punto esclamativo: se ne abusa finché si è giovani; ma poi il punto interrogativo sembra più opportuno»
(Jacques Dyssord, La Parrocchia del Moulin Rouge, 1923).
Per consultare tutte le altre lettere dell'Abbecediscolo, clicca qui.
Media: Scegli un punteggio12345 Nessun voto finora