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Abbinamento vini-dolci con crostate alla frutta fresca

Da Marisa

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Come prima raccomandazione devo ricordare che non dobbiamo bere vini secchi con i dolciumi in genere. Purtroppo è consuetudine stappare spumanti brut con il dolce, è un “bisticcio” gustativo che deve essere evitato perché rovina i sapori! Ricordiamo sempre che con i prodotti di pasticceria vige il principio della concordanza per cui sono i vini amabili o dolci che devono accompagnare il nostro dolce. Dovremo orientarci verso vini che abbiano come qualità gustativa fondamentale la dolcezza più o meno evidente ( un residuo zuccherino minimo 25/30 grammi/litro) tenendo conto in seconda battuta dell’aromaticità e dell’alcolicità. Ovviamente, anche in questo caso il corpo di un vino deve essere conforme alla struttura della pietanza.

Con crostate alla frutta fresca (banane, mele, pere, kiwi, pesche), vini bianchi profumati, giovani, frizzanti e dolci; se con frutti rossi (fragole, mirtilli, lamponi, ribes), vini rossi aromatici, giovani e dolci, frizzanti o spumanti.

Moscato di Pantelleria.

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Il Moscato di Pantelleria è un vino a DOC. che può essere prodotto esclusivamente nell'Isola di Pantelleria in provincia di Trapani.
Il Moscato di Pantelleria (sinonimo Zibibbo) è prodotto con la cultivar Moscato d'Alessandria, come tutti i moscati ha aromi tipici di moscato, dovuti principalmente a alcuni terpeni, di cui il linalolo è in questo vino il maggior rappresentante; se ne può avere un'idea anche masticando l'uva Italia e ponendo attenzione all'aroma retrolfattivo che si sprigiona.
Capo Zebib sembra sia il luogo di origine, di fronte Pantelleria in Africa, che rimanda ad un'importazione araba. Le fonti, a tal proposito, sono il Mendolia. Altre fonti, il Salomon, individuano l'origine in Alessandria d'Egitto da dove il nome di Moscato d'Alessandria.
Il Cupani per primo cita lo Zibibbo di Sicilia nell'anno 1696, ma c'era chi molto prima sottolineava il fatto che gli arabi chiamassero tale tipo di vite Zibibi. Il Nicosia vede nel M.d'A. una varietà di vite ideale per le pergole (1735).
Se nell'Ottocento lo Zibibbo era diffuso a Pantelleria fu di certo il Novecento a sancire l'exploit infatti è di questo periodo una produzione di poco inferiore agli 80.000 q.li di uva e poco meno di 15.000 hl di vino moscato (Scarponi). Tale cultivar tuttora continua ad essere la prima nella realizzazione di nuovi impianti

 

Terre di Franciacorta rosso.
terre di franciacorta

Nominare oggi la Franciacorta significa evocare uno spumante considerato da molti il migliore d’Italia e di prim’ordine quanto lo Champagne. Eppure questo comprensorio viticolo era un tempo considerato zona di vini rossi. L’area di produzione è delimitata dalla sponda orientale del Lago d’Iseo, dai fiumi Oglio e Mella e dalle colline che si estendono intorno a Rovato. Nel 1967 le bollicine qui prodotte conseguirono la DOC, e nel 1995 il Franciacorta ottenne, primo spumante in Italia, la DOCG. Attualmente è prodotto con uve Chardonnay e/o Pinot Bianco e/o Pinot Nero; l’uvaggio varia da produttore a produttore, ma lo Chardonnay è il vitigno di solito presente, spesso in modo predominante. Lo spumante, di cui esiste anche una versione rosé, è posto in commercio dopo un periodo minimo di 25 mesi calcolati dalla data della vendemmia delle uve più giovani utilizzate. Il Franciacorta è prodotto anche millesimato, vale a dire con uve provenienti da uno stesso raccolto e con l’anno della vendemmia riportato in etichetta: in questo caso deve essere commercializzato dopo almeno 37 mesi conteggiati dalla vendemmia di tale annata. Il Franciacorta possiede colore brillante, paglierino chiaro con riflessi lucenti, talvolta verdini; il perlage è finissimo, persistente e la spuma è esuberante; il profumo ricorda talvolta i frutti di bosco e in alcune produzioni la mela acerba; il sapore è secco, con possibili sensazioni di frutta, e spesso si coglie una gradevole nota amarognola. Si serve a 6-8 gradi di temperatura per accompagnare antipasti di frutti di mare crudi o gratinati, spiedini di cappesante fritti, insalata di spaghettini freddi alle uova di pesce, insalata di nervetti; si abbina anche a lasagne al pesto, risotto saltato, ravioli di erbette, tagliolini ai filetti di lavarello, tempura, costolette di agnello impanate, verdure gratinate, anguilla alla brace.

 

Sant'Antimo Vin Santo.
san'antimo vinsanto

Il Sant'Antimo Vin Santo è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Siena.
La Doc Sant'Antimo viene prodotta nei tipi Rosso, Bianco Novello, Chardonnay, Sauvignon, Pinot grigio, Cabernet Sauvignon, Merlot e Pinot nero, Vin santo e Vin santo occhio di pernice (per questi ultimi due anche nella versione Riserva.
E' un vino tipico della regione Toscana, prodotto in provincia di Siena. La tipologia Bianco si ottiene da uve di Ansonica per il 30-50%, Grecanico e/o Catarratto bianco lucido (50-70%) con l'eventuale aggiunta di quelle di altri vitigni a bacca bianca per un massimo del 15%. La versione Rosso si ottiene da uve di Nero d'Avola (20-50%), Sangiovese e/o Cabernet sauvignon (50-80%), a cui possono essere aggiunte quelle di altri vitigni a bacca rossa per un massimo del 15%. La Doc Santa Margherita di Belice seguita da una delle menzioni Ansonica, Catarratto, Grecanico, Nero d'Avola, Sangiovese, è riservata ai vini ottenuti per almeno l'85% dalle uve del corrispondente vitigno
La denominazione trae origine da uno dei monumenti simbolo di Montalcino in provincia di Siena, l'abbazia romanica di Sant'Antimo, ed è stata voluta dai produttori per valorizzare tutti quei vini di qualità che, pur non rientrando nelle denominazioni esistenti nella zona, hanno raggiunto negli ultimi anni un alto gradimento tra i consumatori. Viene prodotto nei tipi Rosso, Bianco novello, Chardonnay, Sauvignon, Pinot grigio, Cabernet Sauvignon, Merlot e Pinot nero, oltre alle tipologie Vin santo e Vin santo occhio di pernice. Le diverse specificazioni fanno sì che questa Doc possa abbinarsi praticamente a ogni tipo di cibo.
Il vino Sant'Antimo Doc e' un vino bianco che si abbina bene con ed in particolare .
Il Sant'Antimo Bianco si accompagna perfettamente al marzolino, alle minestre, all'acquacotta e ai piatti a base di pesce e si serve in calici svasati a 8-10°C. Con il Rosso (da bere in calici bordolesi a 16-18°C) è preferibile abbinare un buon Pecorino toscano stagionato, il salame, la salsiccia, la finocchiona, la carne rossa, il fagiano tartufato. Per il Novello si suggeriscono i crostini alla toscana, il lardo di Colonnata, il buristo, la caciotta toscana, la zuppa di lenticchie, i fagioli, il pollo, la trippa. Il bicchiere ideale è quello di media capacità svasato e la temperatura di servizio è di 13-14°C. Per il Vin santo, il Vin santo Riserva, il Vin santo occhio di pernice e il Vin santo occhio di pernice Riserva gli abbinamenti consistono nei biscottini di Prato, i brigidini, il buccellato, il castagnaccio, i ricciarelli e il panforte. Questi ultimi quattro vini vanno serviti in calici di media capacità a tulipano a 10-12°C.

 

Moscato d’Asti.

Moscato_d'Asti

Da notare che Asti spumante e Moscato d'Asti, pur facendo parte della medesima DOCG ed essendo ambedue espressioni di Moscato bianco, sono due vini diversi: il primo è uno spumante, il secondo non è uno spumante. Spesso sono confusi dal consumatore nonché, cosa più grave, dai ristoratori.
In effetti il Moscato d'Asti, non subendo la presa di spuma, è caratterizzato talvolta da una lieve frizzantezza naturale (si dice che è "vivace") oppure è tranquillo. Il disciplinare prevede entrambe le possibilità.
La zona di produzione del vino "Asti spumante" e "Moscato d'Asti" è compresa nei territori di 52 Comuni delle province di Asti, Cuneo e Alessandria.
Prodotto quasi esclusivamente da aziende di dimensioni medio piccole o da cantine cooperative che trasformano solamente le uve dei propri vigneti, il Moscato d'Asti ha raggiunto livelli qualitativi straordinari grazie alla diffusione della moderna tecnologia enologica, in particolare quella del freddo, che ha consentito di mantenere nel vino gli aromi ed i sapori del frutto e, nello stesso tempo, di stabilizzare il prodotto permettendone la conservazione ed il trasporto.
Storia, tradizione, dedizione imprenditorialità geniale, applicazione e ricerca continua lo mantengono prezioso esaltandone le peculiari caratteristiche.
La denominazione di origine controllata e garantita "Asti" (unico disciplinare) è riservata a due vini:
a) il vino spumante ("Asti" o "Asti spumante");
b) il vino bianco non spumante ("Moscato d'Asti").
Il Consorzio dell'Asti tutela anche il Moscato d'Asti che, pertanto, è sottoposto agli stessi controlli da sempre messi in atto sull'Asti Spumante. Con la D.O.C.G., inoltre, molte aziende vitivinicole dirette produttrici si sono iscritte al Consorzio che ha costituito al suo interno suo interno il Consiglio del Moscato d'Asti al fine di tutelare il prodotto dalle imitazioni e per far crescere il livello qualitativo e valorizzare l'immagine, peraltro già alta, del prodotto.

Brachetto d’Acqui.

brachetto

Zona di produzione: interi territori dei comuni di Vesime, Cessole, Loazzolo, Bubbio, Monastero Bormida, Rocchetta Palafea, Montabone, Fontanile, Mombaruzzo, Maranzana, Quaranti, Castelboglione, Castel Rocchero, Sessame, Castelletto Molina, Calamandrana, Cassinascoin provincia di Asti, Acqui Terme, Terzo, Bistagno, Alice Bel Colle, Strevi, Ricaldone in provincia di Alessandria; parte dei territori dei comuni di Nizza Monferrato (Asti).
Sono da considerarsi idonei unicamente i vigneti collinari di giacitura ed orientamento adatti, i cui terreni marnosi siano di natura calcareo-argillosa.
Questi vino piemontese da dessert è molto apprezzato soprattutto nel Nord America. Il vino amato e preferito, come vuole la tradizione popolare, da una delle più famose maschere italiane: Gianduja da Gioan d'laduja, Giovanni del boccale, che da questo rosso rubino, frizzante di spuma fragrante, traeva ispirazione per la sua sana allegria. Il personaggio in questione era circondato da una fama di gran bevitore, ed il Brachetto era appunto il vino più adatto a riempire il suo inseparabile boccale ed a soddisfare il suo raffinato palato. L'origine del Brachetto è piuttosto controversa. L'ipotesi più fondata sembra comunque essere quella che lo indica originario delle colline astigiane e del Monferrato, sebbene Demaria e Leardi a loro volta, nella "Ampelografia della provincia di Alessandria" (1875), sostengono che il Brachetto piemontese, profumato e aromatico, sarebbe originario di Nizza Marittima.

Ultima raccomandazione lo spumante dolce viene servito in genere nei bicchieri a forma di coppa, mentre quello secco nei bicchieri a forma di calice (flute), i vini dolci in bicchieri a forma di tulipano,per i vini passiti e liquorosi si preferisce la forma renana (piccoli a bocca stretta.

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